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Tagliamoci le vene

Insonnia, la giornata degli zombie

cinghialeDue ore di sonno, forse meno. E la giornata è ancora lunga. E non so come tenere aperti gli occhi. Ormai solo la rassegnazione e l’assenza di turbamento mi fanno evitare di dare testate contro il muro. L’atarrassia si è impossessata di me. Perché capita, ogni tanto di non dormire. Il perché è presto detto. Siamo andati a cena fuori. E quando vado a cena fuori, di solito non dormo mai bene. Il ristorante era ottimo per festeggiare il nostro anniversario. Un antipasto e un risotto. Più un morellino di scansano in due che non abbiamo neanche finito. Non siamo più gli sbevazzoni di una volta. Il dolce lo abbiamo saltato.

Siamo usciti di casa alle 8.45. Ci mettiamo sempre una vita a prepararci. Ma dopo un paio d’ore al massimo eravamo già di ritorno. Il gnappo alle 11 era a letto. E con i ritmi vacanzieri, visto che l’asilo non è ancora iniziato, è nella media estiva. Al mare andava a letto anche più tardi. La luce in camera l’abbiamo spenta che sarà stata mezzanotte e venti. Ma per addormentarmi ci ho messo un po’. Gira che ti rigira nel letto. Avevo mangiato di più del solito, è normale. C’era il cinghiale della pubblicità che si era messo sopra la pancia. Boh, sarà passata un’ora, forse un’ora e mezza. Non riesco mai a calcolare il tempo che passa quando non prendo sonno. L’unica sarebbe guardare l’orologio del cellulare. Ma evito, sarebbe peggio. Mi metto il cuore in pace. Cerco di non pensare. E aspetto Morfeo. Che arriva esattamente con il primo risveglio del gnappo.

Le 2:34. Mi alzo, vado in camera sua. Gli do da bere e visto che mi dovevo alzare alle 7 mi metto direttamente con la brandina in camera sua. Per evitare di fare avanti e indietro tra le due camere. Riprendere il sonno non è facile. Mi ci vuole sempre un po’. Col gnappo che fa casino (ronfa e sgrufola come il cucciolo del cinghiale che avevo sulla pancia) l’impresa si complica.  E se poi ci penso, ancora di più. Comunque lui alle 3 e mezza lui si risveglia, in un pianto disperato. Per calmarlo è bastato uno shhhh, forse accompagnato da una carezza sulla schiena. Non ricordo.

La pratica sonno va riavviata da capo. E io penso alla sveglia delle 7. Mi metto su un fianco. Penso. A un certo punto i pensieri si affievoliscono e il sonno mi sembra arrivato. E’ leggero, ma c’è. Alleluja. Alle 4.50 però di nuovo un pianto. E ormai quel che è fatto è fatto. Lo ricalmo. Mi ricorico. Mi giro e mi rigiro. Ho sete. Maledetto morellino. Mi alzo. Vado in cucina. Apro il frigo e mi scolo un po’ d’acqua a canna. Poi, visto che la vescica premeva, già che ci sono passo per il bagno. Mi ricorico. Mi giro e mi rigiro.

Niente, Morfeo è andato in ferie. Forse voleva fare una partenza intelligente per evitare traffico in autostrada. E sono le 6. Un’ora di potenziale sonno non va sprecata. L’ho imparato a 16 anni, quando andavo in vacanza studio in Inghilterra e facevo le notti bianche per far casino con gli amici. Tra il non dormire mai e farsi solo un’ora di sonno è meglio farsi un’ora di sonno. Almeno per me. L’ho testato più volte.

Così ritorno nel lettone. Il gnappo è lontano e c’è meno casino. A parte i vicini del piano di sopra che iniziano la processione verso il loro wc. Poi le tapparelle di qualche altro vicino mattiniero si alzano. Io mi giro. E mi rigiro. Anna si è svegliata quando sono tornato a letto. Mi ha bofonchiato due parole. Non le ho neanche risposto. Ormai la sveglia è sempre più vicina. Mezz’ora di sonno ha senso? Boh. Tanto il gnappo alle 6.30 si ri-risveglia e piange. Mi alzo di scatto, vado in camera sua. Sono incazzato nero. Lui è seduto sul lettino. Gli rifaccio shhh e, col nervoso, lo spingo giù in malo modo sul materasso. Lui piange. Ma non è più un pianto notturno. E’ un pianto di dispiacere.

Anna si alza, lo prende, e lo porta nel lettone. Ormai è fatta. Prendo gli occhiali sul mio comodino, mi infilo la fede, esco dalla camera sbattendo la porta dietro di me. Il gnappo piange ancora più disperato. Povero, lui non ha colpa. E mi dispiace. Ma lì per lì ero incazzato solo con me e con lui. Faccio colazione in modalità zombie. Sono in netto anticipo. Per una volta in scooter sulla strada per andare al lavoro vado piano. Oh, quando sono in ritardo tutti rossi li prendo. Oggi erano tutti verdi. Un classico.

Adesso ho ancora metà giornata davanti e un caffè non servirà a tanto. Serve un letto. Ma stasera abbiamo un’altra cena. E prima di rivederlo passeranno lunghe, interminabili ore. Vissute un’altra volta come in un film. Un po’ a slow motion. In un’atmosfera ovattata. Maledetto sonno. Ma passerà. Non è la prima e non sarà l’ultima. La bicicletta c’è e bisogna pedalare. Anche con gli occhi che si chiudono.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto