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Io lei e l'altro

I terrible two si avvicinano

ciuchinoE’ arrivata una nuova cazziata dall’asilo. Perché il gnappo sembra essere sempre più mulo. Le ultime sono: “Non mette a posto i giochi e non mangia da solo”. Perfetto, la tecnica del gambero è tornata in azione. Ora, a me viene anche un po’ da ridere per non piangere. Perché se già all’asilo le maestre cominciano a dire che non va bene, immagino alle elementari e alle medie. Il buongiorno si vede dal mattino.

Adesso ogni volta che vado a prenderlo all’asilo c’ho un po’ di patema. “Avrà fatto il bravo oggi?”, mi chiedo tra me e me. E incrocio le dita. Sì perché non è una bella sensazione andare a prenderlo e sentirti dire dalla maestra: “Tuo figlio non fa niente”. E mentre te lo stanno dicendo, lui fa lo gnorri e cerca di buttarsi tra le tue braccia. Annamo bene!

Così, un povero papà, esce dalla porta, in un pomeriggio qualsiasi, annichilito, con le orecchie basse e con la promessa: “Ci lavoreremo anche a casa, adesso gli faremo mettere a posto i giocattoli e lo faremo mangiare da solo”. Fosse facile. Meno male che dopo l’asilo c’è il parchetto. Per dimenticare la cazziata l’ho subito sguinzagliato e me lo sono sbaciucchiato un po’ mentre gli davo la merenda sulla solita panchina: un bicchiere di latte e una banana.

Poi lo osservavo. Ok, è vero, è un mulo. Va stimolato perché lui, di suo, è pigro. E’ vivace, ma per fare le cose ha il culo pesante. Non per giocare ovviamente, visto che va su e giù dai giochi del parco come un matto. E con un’agilità non comune. Ma per il resto, se deve fare qualcosa di utile all’umanità (cioè a noi) si inchioda. Forse siamo noi che sbagliamo e che non lo stimoliamo abbastanza. Ma io mica ci so fare coi bambini. Non sono come uno di quei “pedagogisti dell’età evolutiva” superfighi. Sono solo un papà che è ancora in rodaggio. E’ un lavoro che faccio da meno di due anni. Ci vuole tempo anche a me.

Lo guardavo mentre giocava. Sull’altalena più lo spingi forte e più si diverte. Va su e giù dalle scalette dello scivolo e si butta senza paura. Corre, gioca con la palla (che non vuole condividere con gli altri, soprattutto se di genere femminile). Abbraccia teneramente e paraculamente i bambini molto più grandi che stanno giocando per i fatti loro a “Il lupo mangiafrutta” (ci giocavo io al lupo mangiafrutta 30 anni fa, non pensavo esistesse ancora…). Adora le macchine, sia le macchinine che le auto vere. Si butta per terra e se cade difficilmente piange. Le bambine della sua età raccolgono le foglie cadute dagli alberi e l’erba per giocare a farci l’insalata o per portarle a casa per ricordo. Lui invece se le mangia le foglie. Ieri voleva a tutti i costi mettersi in bocca un bastoncino trovato per terra. Maschi.

Torniamo a casa e Anna prepara la cena. Chissà perché, appena prima di mettersi a tavola, parte con un pianto disperato. C’aveva le balle girate. E’ un classico. Anche per lui forse sarà stata una giornata dura. Non parla, quindi ogni volta capire cosa vuole è un cinema. Ha il culo peso e non parla. E ha quasi due anni. Faccio un bel respiro. Anna prova a mettergli alcuni giochi sul seggiolone. Niente. Gli diamo la sua acqua da bere e anche la bottiglia grande di plastica che funziona per tenerlo buono visto che ci gioca sempre con gran piacere. Non serve. Lui piange sempre di più, disperato.

Poi ho l’intuizione. Vedo che indica qualcosa sul tavolo, ma tutto quello che gli abbiamo dato non ha funzionato. Sono rimasti i nostri due piatti. Con dentro gli spaghetti ai gamberetti. Davanti a lui invece c’è la solita pastina al pomodoro, che di solito gli piace tanto. Anzi, Anna gliela fa proprio perché sa che la mangia volentieri. Ma vuoi mettere con un bel piatto di spaghetti ai gamberetti? (Nota: l’ultima volta che Anna gli aveva propinato gli spaghetti lui non li aveva neanche mangiati). Così tento il tutto e per tutto. “Vuoi i nostri spaghetti?”. Oh, dicesse un sì o un no. Lo pagherei. Glieli metto davanti. Lui li prende al volo con le mani e se li mette in bocca. Pianto finito. Cena risolta. La sua pasta al pomodoro me la mangio io.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto