Categorie
Noi quattro

Crespi d’Adda con i bambini, una bella gita fuori porta

Crespi d'adda (2)Per uscire di casa la domenica devo fare uno sforzo sovrumano. Le domeniche di solito mi piace stare in casa, con il classico pisolo post prandiale. Così quando mi sveglio è già buio e allora perché andare in giro? Ma Anna si arrabbia perché dice che “non facciamo mai niente”.

Visto che domenica scorsa c’è stato il cambio dell’ora e c’era un’ora di luce in più (anche se un’ora di sonno in meno) mi sono fatto venire la voglia e ho organizzato una piccola gita fuori porta. Dopopranzo il letto mi voleva avvolgere a sè, ma il richiamo di Anna, che ha capito come la mia palpebra si chiuda fin troppo facilmente, mi ha fatto scattare sull’attenti.

Crespi d'adda (13)Ok, pronti, partenza, via. Si va a Crespi d’Adda, piccolo villaggio operaio, patrimonio dell’Unesco, a una quarantina di chilometri da Milano. Il posto mi era stato suggerito da un amico che ci era già stato con la famiglia. Anche se il sole della mattina se n’era andato e il cielo era nuvoloso, alle tre ci siamo messi in macchina, direzione A4, uscita Capriate.crespi d'adda asilo

Crespi d’Adda è un piccolo gioiellino di architettura abitativa industriale. E’ davvero un “villaggio operaio” (tutt’ora abitato) nato nel 1875 vicino alla fabbrica tessile della famiglia Crespi. Praticamente “casa e bottega”. Questo tizio, Cristoforo Benigno Crespi nell’800, ha comprato il terreno, ci ha messo la fabbrica e poi attorno ha costruito un sacco di case, alcune grandi e abitate da tante famiglie (gli operai più modesti), altre monofamiliari, altre bifamiliare, fino ad arrivare alle ville più fighe dei dirigenti e al suo mega castello.Crespi d'adda (3)Crespi d'adda (4)Crespi d'adda (10)Crespi d'adda (7)

C’è anche un asilo nido e una chiesa, visto che non è un paese fantasma.crespi d'adda chiesaCrespi d'adda (12)

La cosa più interessante è che, essendo diventato patrimonio dell’Unesco grazie al volere di un’associazione, l’associazione culturale locale “Centro Sociale Fratelli Marx” (CSFM) si è potuto conservare quasi intatto. Della serie: “Andate a costruire da un’altra parte, questo è un patrimonio da salvaguardare”.crespi d'adda castello Crespi d'adda (11)

Come dice Wikipedia la nomination a patrimonio dell’Unesco è stata accompagnata da “un progetto di valorizzazione culturale del villaggio operaio e della comunità residente ideato dal CSFM, presentato nel corso di un convegno organizzato per promuovere la candidatura di Crespi d’Adda, a cui partecipò Giancarlo Riccio, Ambasciatore Diplomatico e all’epoca Codirettore del Centro per il Patrimonio Mondiale UNESCO di Parigi (Riccio fu determinante per l’inserimento di Crespi nella Lista)”.

Perché ho riportato questo? Perché, come disse il compianto Angelo Infanti nel film “In viaggio con papà”: “Che poi alla fine so’ tutte fregnacce perché se non sei ammanicato…”. E infatti, CVD.

Ma torniamo a noi. Il gnappo era gasatissimo a fare quel giro fuori città in un posto che non aveva mai visto e senza il pericolo delle macchine (qualche macchina dei residenti che gira in effetti c’è, ma la zona è quasi pedonale).

Crespi d'adda (9)Dopo aver dato una veloce occhiata al paese siamo andati lungo l’Adda, attraversando un ponte di legno verso Concesa, dove c’è un convento di carmelitani e una fontana con la statua della Madonna.fontana concesa

Sulla fontana c’è una targa con scritto che presso la fonte fu posta “un’immagine sacra di Maria che allatta in divin bambino e che fu l’ispiratrice alla costruzione del santuario”. E proprio lì ci siamo fermati prima per il cambio pannolino di The Second (che nel frattempo l’aveva fatta) evitando però di lavargli il culetto nelle sacre acque e poi perché aveva fame. Così Anna lo ha allattato come il “divin bambino”.

Abbiamo provato anche a fare una passeggiata lungo l’argine dell’Adda, ma la vista, che non era un granché, e la puzza di cesso ci hanno fatto tornare sui nostri passi, riattraversare il fiume e rivedere un po’ meglio Crespi. Nella piacevole passeggiata ho raccolto una viola, giusto per realizzare che è arrivata la primavera.Crespi d'adda (1)

Ci siamo infilati nelle vie e abbiamo visto tutte quelle graziose casette con giardino (immaginatevi come sarebbe abitarci dentro, la domenica soprattutto, con una marea d i turisti fuori che vi scattano foto a manetta). C’era anche un lavatoio ben conservato, dove le brave massaie di una volta andavano a lavare i panni e a chiacchierare. Altro che lavatrice in classe A+ e asciugatrice.Crespi d'adda (5)Crespi d'adda (6)

Siamo poi arrivati fino al cimitero del paese, con il mega mausoleo della famiglia Crespi, un’opera faraonica, in contrasto con le altre piccole tombe.

crespi d'adda mausoleo crespi A un certo punto guardo meglio le piccole croci che sono sull’erba, Leggendo le date di nascita e di morte vedo che la prima è di un bambino di neanche un anno.crespi d'adda cimitero

Poi guardo le altre. Sono tutte di bambini. Piccoli angeli di inizi Novecento, tanti volati in cielo il giorno stesso della loro nascita. Altri di neanche un anno, in pochi sono arrivati ai due. Sulle lapidi sbiadite a malapena si leggeva il loro nome e cognome. Su una piccola croce c’era incastonata una vecchia foto: una bambina vestita con una tutina bianca e una cuffietta.

Piccole anime innocenti, loro, come migliaia di altre altrove, che dormono in altri cimiteri del mondo e ci guardano e proteggono da lassù, tanti angeli che vegliano su di noi…

….

Torniamo verso la macchina, ma il gnappo è stanco e vuole venire sulle spalle. Ha trottato tutto il giorno e così me lo carico in groppa. Dopo pochi passi sento la sua testolina ciondolante. Si è addormentato il piccoletto. Stravolto. Gli mettiamo il pannolino per sicurezza (una pipì addosso a lui e al papà non sarebbe stato il massimo) e dopo un bel po’ di passi e un mio mal di spalle non indifferente torniamo in macchina.

E’ quasi ora di cena e l’alternativa è tornare a casa oppure fermarci a mangiare in giro. Chiediamo a lui, visto che era quello più stanco di tutti. “Andiamo a casa?”. “No!”. “Ci fermiamo a mangiare fuori?”. “Sì, fuori!”.

Ok, sono le 7.30 di sera e, contravvenendo ad ogni buona regola del turista coscienzioso che dovrebbe fermarsi a mangiare in un ristorante tipico del posto, per aiutare l’economia locale, ci fiondiamo in un Roadhouse Grill davanti a Leolandia. A dire il vero ha giocato anche il fattore curiosità, visto che né io né Anna c’eravamo mai stati in vita nostra nonostante ne avessimo sentito parlare.

“Massì, tanto faremo in fretta, è presto”. Mai previsione fu più sbagliata. Alle sette e mezza il ristorante che grida vendetta agli occhi dei vegani era già pieno di famiglie con bambini. Noi però non ci perdiamo d’animo e ci sediamo. Mentre Anna va ad allattare The Second in macchina (quello mangia ancora ogni due ore o poco più, lo pòssino…) io vado col gnappo in bagno a lavarmi le mani.

Lui è stanco, ma resiste. A un certo punto mi accorgo che non ci sono asciugamani di carta, ma quel fantastico marchingegno grigio a parete dove infilare le mani che con un getto d’aria calda potentissimo te le asciuga in un secondo.asciugamani elettrico

“Guarda tato, guarda come ci asciughiamo le mani adesso eh!!”, gli dico entusiasta. Ma non faccio in tempo ad azionare il macchinario che lui si spaventa per tutto quel rumore e scoppia a piangere a dirotto. Vorrebbe anche scappare in preda al panico, ma tutte le porte del bagno sono chiuse. Lo prendo in braccio e facciamo che le mani ce le asciughiamo nella felpa eh?

Torniamo al tavolo per ordinare. “Pipì…”, dice lui. Eccallà, “ma non potevi dirlo prima quando eravamo in bagno?!”. Figurati. Così torniamo dal “mostro” in bagno che per fortuna dorme, ma mentre lui è sul water a fare il suo bisognino, l’asciugamani riparte a manetta. Il gnappo, nonostante la porta chiusa, sente il rumore e mentre è sospeso sul cesso riscoppia a piangere disperato. Le mie rassicurazioni non servono a niente. Lui è stanco e ha il cervello in blackout.

Piange e piscia, piscia e piange. Ma finalmente riusciamo ad uscire per la seconda volta da quel maledetto bagno e a ordinare la cena. Menu bimbo con hamburger per lui, un doppio cheese per me e fajitas per Anna. Facciamo che divento vegano la prossima volta…

Il gnappo dopo aver tolto l’insalata e il pomodoro dal suo panino (talis pater…) e aver assaggiato la maionese che si trovava sotto la fetta di pane, decide che gli piace e se ne mangia metà, oltre a sbafarsi un bel po’ di patatine (di notte si sveglierà due volte chiamandomi per bere, ma è un’altra storia).

Niente dolce, niente caffè, siamo un po’ di fretta e strapieni. Gli regalano però un giochino, insieme ai pastelli che gli hanno dato appena ci siamo seduti al tavolo per colorare sulla tovaglietta di carta con gli animali. Insomma, tutto grasso che cola, non solo dalle griglie, ma anche per chi deve intrattenere dei nani poco pazienti. Ristorante family friendly? Direi proprio di sì.

Torniamo verso casa e alla prima curva il gnappo crolla. The Second, a parte qualche pianto, ha dormito ed è stato bravo. Forse la gita fuori porta è piaciuta anche a lui. Dopo una mezz’ora per trovare parcheggio sotto casa mi carico il nano grande in spalla, tipo sacco di patate, fino al suo letto.

Di notte sarà un continuo svegliarci, ma dopo una giornata così intensa è anche normale.

Se siete arrivati fino in fondo a questo post meritate un premio. Potrei darvi il pupazzetto di Doraemon del gnappo che gli hanno regalato al ristorante.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto