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Pensieri di un papà

Nichilismi per la Festa del Papà 2016

Dopo il mio compleanno, il Natale, il Capodanno, la festa del papà è una di quelle ricorrenze di cui farei volentieri a meno. La metto sullo stesso piano della festa della donna, la festa dei nonni e la festa della mamma. E prima della giornata mondiale dell’igiene delle mani e di quella senza tabacco. Ricorrenze inutili insomma, perché tanto il giorno dopo torna tutto come prima.

Per un giorno, tutti a fare gli auguri ai papà. Poi, gli altri 364 giorni l’anno, non li si fila più di striscio. E va bene così, ci mancherebbe.

Sono papà da più di quattro anni. E ancora non ho ben capito che cosa sia successo. Perché spesso si va sulle montagne russe. E non sempre si sta in cima a guardare il panorama prima della discesa in picchiata.

In questi giorni sono stanco. E non immagino Anna quanto possa essere stanca visto che fa il doppio di quello che faccio io, almeno in casa. Quindi non mi lamento. Perché c’è sempre chi sta peggio.

Sono scoglionato più che altro. Non depresso, perché la depressione è una cosa da femmine. Tra l’altro ultimamente dormo quasi decentemente. Quindi non credo sia neanche la mancanza di sonno che mi porta a stare così.

Diciamoci la verità: a volte mi sento in trappola. E’ lo scotto da pagare per chi mette su famiglia in tempi mediamente brevi. Almeno per l’andazzo attuale. Ma anche se fossi single non andrebbe bene comunque. Perché l’orologio biologico si fa sentire anche negli uomini, non solo nelle donne. Ho amici che vorrebbero diventare papà e amiche che non ci pensano nemmeno.

Sei in trappola perché ormai quello che dovevi fare l’hai fatto. Adesso, da proletario, devi crescere la prole, e non è poco. La vita più o meno si ripete uguale tutte le sere. E tu sei talmente stanco che neanche te ne accorgi della bellezza che ti sta attorno. Per un niente perdi la pazienza. Se ti girano fai gesti inconsulti. Tipo lanciare contro il muro uno stendipanni perennemente sui coglioni.

E quando torni a casa non vedi l’ora di toccare il letto. Per dormire (se va bene) e per iniziare una nuova giornata andandotene fuori di casa. Perché per fortuna hai la scusa del lavoro, che per otto-nove ore ti porta a stare con gente adulta, a immergerti nelle varie attività e a non pensare alle tue responsabilità.

Preghi che il tuo capo non ti faccia mai lavorare insieme a quella collega che quando la incontri ti sorride sempre. E dallo sguardo capisci che è meglio così. Che tu ormai sei papà, quindi non ti puoi permettere certe cose. A meno che tu non sia molto ricco: allora puoi anche permettertelo. Perché, alla fine, è anche una questione di soldi. Se puoi mantenere una famiglia puoi anche mantenerne due.

Capisci che sei in trappola perché in realtà ti sei illuso. Pensavi che in due sarebbe stato tutto sempre bello. Che tu con lei saresti stato una persona migliore. E per conquistarla hai fatto di tutto. Fingendoti una persona migliore di quanto non sei. E forse anche lei. o forse era perché vi guardavate con gli occhi dell’amore e quindi certe cose non le vedevate. E poi, pian piano, quegli occhi non li incroci quasi più. Perché siete troppo presi a fare altro: sistemare cose, rispettare scadenze, mettere a letto figli, condurre battaglie quotidiane con loro anche sulle cose più elementari.

Il matrimonio è la tomba dell’amore, dicono. Non è vero. Il tempo è la tomba dell’amore. Il tempo è la tomba di tutto. Perché è lì che il passare del tempo ti porta. Che tu lo voglia o no.

La verità è che la natura ti frega. Ti illude. Porta l’universo intero a tramare affinché tu ti riproduca. E poi ti ingabbia, perché ti tiene lì, vicino alla caverna, per uscire solo a cacciare per mandare avanti la famiglia. E la donna è nella caverna come te, forse più di te. Perché da quella caverna esce ancora meno. Poi i piccoli lasceranno la caverna per costruirsene una per sè, quando sarà il momento. E tu ti chiederai come è stato possibile.

Nel frattempo ci pensano gli altri e tu fai di tutto per adeguarti. Immaginano che il papà sia un orsetto asessuato, devoto alla sua famiglia. Un giocherellone che ama stare con i figli, uno che è sempre allegro, uno che non ha mai le balle girate. Uno che deve ritrovare il suo ruolo e ne parlano blog, convegni, programmi. Perché se non parli di mamme e di papà oggi sei out. Il ruolo dei papà nella famiglia di oggi. E andiamo avanti così.

La verità è che ci sono giorni in cui vorresti andare su un’isola deserta, ritrovare te stesso, capire chi sei e chi sei diventato. Capire chi vorresti essere e diventare. E tutto diventa un’impresa, come pregare in discoteca. La poesia è scomparsa, resta il fare. Il dire e il baciare sono un lontano ricordo.

Vorresti essere un papà migliore, ma non ci riesci. Forse perché non ti sforzi neanche. Così lasci passare i giorni, da un Natale all’altro. E aspetti che venga sera. Pronto per rialzarti il mattino dopo, mentre la vita scorre e tu ancora ti chiedi chi sei.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto