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Pensieri di un papà

Mollare tutto e trasferirsi in un’altra città, come fare?

Torino_panorama_SupergaFinalmente ad Anna, dopo mesi di piccole collaborazioni, è arrivata una proposta lavorativa potenzialmente interessante. Ma come spesso succede, difficile da mettere in pratica, anche se non impossibile. La scelta non è delle più semplici, anche perché vorrebbe dire cambiare città, per lei e, in futuro, se le cose andassero bene, anche per noi, nel caso decidesse per il sì.

Come sempre succede alcune proposte arrivano a ciel sereno e mettono in discussione la tua vita. La tua e quella di altri. Se fosse capitato a me la scelta sarebbe stata la stessa, ma essendo lei donna (e mamma di due bambini piccoli) le cose non sono proprio uguali.

Dai, non prendiamoci in giro. Mamme e papà non sono uguali. Un papà, potenzialmente, potrebbe anche lavorare lontano da casa per 5 giorni la settimana. Ho amici che lo fanno. Certo, non è semplice, ma fattibile. Una donna che molla tutto e torna a casa solo per il weekend è quasi impossibile. Soprattutto se ha dei figli piccoli come i nostri. Perché la parità dei sessi non esiste, non è mai esistita e non esisterà mai. Nella famiglia e ancora di più (purtroppo) nel mercato del lavoro.

Come faremmo se Anna andasse in un’altra città per cinque giorni? Senza avere i nonni vicini pronti a dare una mano. Con un lavoro che mi dà una certa flessibilità di orario, ma comunque impegnativo. Con i gnappi (maschi) di quattro e un anno che sono mamma-dipendenti (soprattutto il più piccolo). Come sarebbe possibile una gestione familiare così?

Diciamo la verità, in un’altra nazione non sarebbe un problema. In America io potrei mollare il mio lavoro, trasferirci tutti di punto in bianco, vendere la casa e trasferirci in un’altra città. Poi potrei cercarmi un nuovo lavoro e intanto provare ad andare avanti con il suo. Tentare l’avventura insomma. Perché tanto in questa o in un’altra città cosa cambierebbe?

Peccato però che in ogni caso lasceremmo il semi-certo per l’incerto. Visto che il lavoro per cui potrebbe verificarsi il trasferimento non sarebbe sicuro né stabile, e con uno stipendio iniziale medio-basso. Inizialmente potrebbe fare la pendolare, visto che le due città sono a circa un’ora di treno, ma le è stato espressamente detto che non è possibile. Vogliono una persona che non sia legata agli orari. Altra cosa che complica la situazione.

Per cosa poi? Per un contratto iniziale di un anno. A cui potrebbe seguire un eventuale contratto di 3-5 anni e poi, se tutto va come deve andare (con mille incognite, anche legislative che da qui a là possono subentrare) un contratto da professore universitario (associato) con un buono stipendio e più libertà di azione.

Le opzioni sul tavolo sono queste: il primo anno lei si trasferisce là durante la settimana (4 giorni? 5 giorni? boh…) e fa avanti e indietro tra Torino e Milano. E poi, se tutto va come dovrebbe andare noi ci trasferiremmo tutti e allora il pendolare lo farò io. La casa? Magari la affittiamo, giusto per ripagarci il mutuo ventennale. Sarebbe sostenibile il primo anno? E gli altri? Boh…

Spostare i gnappi sarebbe probabilmente il problema minore. Sono ancora piccoli e si possono adattare a una città nuova. Bisognerebbe trovare due asili nuovi e rifarci una vita daccapo, ma non è impossibile. Bisogna solo capire se il gioco vale la candela. Perché le variabili in campo sono tante e molte di queste imponderabili.

Prima di tutto il lavoro di Anna. Lasceremmo Milano per un suo progetto che inizialmente è sicuro per un anno. Poi chissà… Anche se la volontà è quella di farlo proseguire per altri 3-5 anni. E poi? In teoria l’obiettivo finale è quello dell’indeterminato per qualcosa che le piaccia davvero. Ma da qui a 6 anni tutto può succedere. Anche se non per forza in peggio, per carità.

Poi c’è il mio lavoro. Che da diversi mesi a questa parte (e ve ne sarete accorti visto che ormai il cazzeggio sul blog è diventato un lusso) mi impegna non poco. Lavoro su progetti, che posso sì gestire abbastanza in autonomia. Ma la fregatura dell’autonomia è che quando non hai orari fissi lavori molto più di prima. Fare le stesse cose da pendolare non sarebbe semplice, anche se, come extrema ratio, fattibile.

Poi c’è Milano. Città che entrambi adoriamo. Dove viviamo bene, nonostante chi non ci ha mai vissuto possa pensare che siamo folli. Va detto, per dovere di cronaca, che con due nani al seguito, la vita è simile in tutte le città d’Italia e del mondo: sveglia, gnappi all’asilo, lavoro, rientro a casa, sclero per la cena, messa a nanna. Crollo nel nostro letto. Non è che tutte le sere andiamo alla Scala a vedere l’Opera o a fare l’aperitivo in corso Como. Per dire…

Però sarebbe un casino. E lo sarebbe in ogni caso. Anche se l’inizio, se mai lei decidesse per il sì, sarebbe graduale. Quindi io a fare il papà “moderno” smazzandomi i nani durante la settimana (per quanti giorni non possiamo ancora prevederlo…) e Anna che vedremmo nel weekend. E poi chissà… Vedere se la cosa funziona, se i gnappi non sclerano, se io non sclero, se per quei cinque giorni non mi trovo una moglie in affitto, se lei riesce a sostenere il ritmo e la distanza, e tante altre cose che non possiamo prevedere.

La decisione spetta a lei. Io le ho solo messo davanti i potenziali scenari, con tutte le variabili del caso che ovviamente non si possono calcolare. Resta però l’immenso scoglio nel caso il suo trasferimento iniziale fosse tassativamente di 5 giorni la settimana. Come cacchio facciamo noi per 5 giorni senza di lei? Come lavoro io? Come sopravviverebbero i gnappi senza di lei? Chi penserebbe a tutte le cose da fare senza mai perdere un colpo?

Lo so, è brutto da dire e forse sono egoista. Ma la funzione della mamma e del papà non sono intercambiabili. E non solo perché io non ho le tette. Per tutta una serie di motivi che i miei occhi vedono e che mi portano a dire che la mamma per noi, ora come ora, è fondamentale, mentre del papà si sentirebbe meno la mancanza. Poi, certo, ci si può adattare a tutto. Io mi posso adattare, i gnappi si possono adattare e anche Anna si può adattare.

Perché l’essere umano è di sua natura adattabile. E va bene così.

Forse bisognerebbe non farsi seghe mentali e buttare il cuore oltre l’ostacolo. Ma un salto nel buio così lo vedo difficile, almeno con queste premesse e condizioni…

Di Fede

Blog di un papà imperfetto