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Lotta continua

lotta continuaIngestibile. Il gnappo sta diventando abbastanza ingestibile. Saranno i terrible half past two, ma secondo me da quando gli abbiamo tolto il pannolino. ha fatto uno scatto di crescita che neanche Ussain Bolt nei 100 metri. E’ cambiato. Ma di brutto e in poco tempo. E’ cresciuto in tutto: fa capriole, salti, saltelli, corse all’impazzata, di tutto e di più, basta non stare mai fermo. E più dinamico, meno impacciato. Ha l’argento vivo addosso. E poi ha caricato nuove espressioni, sempre più birichine, anche da stronzetto. Ci piglia in giro spesso e volentieri. Di già.

Ormai non ci ascolta già più. Mentre gli spieghi le cose, lui disconnette il cervello. Si vede che anche le sue scimmie sono cresciute e fanno più casino là dentro. Si è invivacito di brutto. Diventando sempre più un balosso, un brighella, un taramasso, uno scugnizzo, o come volete chiamarlo. Il concetto è che è molto, ma molto più impegnativo.

Ovviamente dopo una settimana dai nonni con Anna diventa difficile riportarlo in carreggiata. L’anarchia dilaga. Bisognerebbe introdurre la legge marziale in casa, non lasciargli più spazi di manovra, lotta dura senza paura. Ma come si fa…

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Di cacca, pappa, orari e risvegli

child against racism #somostodosmacacos
Anche il gnappo manifesta contro il razzismo, come Dani Alves. #somostodosmacacos

Non mi sembra quasi vero che il gnappo stia pian piano arrivando alla boa dei due anni e mezzo. Ne parlavamo ieri con Anna. E’ quasi un adolescente. Ha le sue idee, le sue espressioni buffissime, le sue paraculate quando prima ti fa arrabbiare e poi ti elargisce grandi sorrisoni e bacini. Si fa le sue sclerate quando non vuole fare qualcosa che va fatto, urlando come un matto, mentre in atri momenti è tenerissimo. Come quando mi chiama con la sua vocina: “Papaaaà”, oppure, più divertente ancora: “Papooo”. Chissà chi gliel’ha insegnato a chiamarmi papo…

Di notte si sveglia ancora dalle due alle tre volte. La prima di solito intorno all’una, quando non sono ancora entrato nel mio sonno pieno. Ormai ci ho fatto l’abitudine. Non mi pesa neanche più (sigh). Vado dal piangente, di solito scattando giù dalla branda come una recluta al grido del suo sergente-istruttore, e cerco di consolarlo. Lo accarezzo per calmarlo. Se non riesco al primo colpo gli chiedo: “Vuoi l’acqua?”. E il più delle volte lui risponde con la sua vocina assonnata: “Tiiiì”.

Ma non sempre l’acqua basta. E in quei casi non sapevo come farlo smettere di piangere. Allora, l’altra sera mi è venuta l’intuizione di provare con un’altra domanda, Così gli ho chiesto: “Vuoi un bacino?”. E lui: “Tiiiiì”. E dopo il bacino si calma e si rimette coricato a dormire. Forse avrei potuto chiedergli qualsiasi cosa tipo: “Vuoi uno spritz?” “Vuoi che il papà balli la samba su un piede solo?”, “Vuoi fare con me la denuncia dei redditi?”, “Vuoi che venga a cantarti la ninna nanna Genny ‘a carogna?”. Forse la risposta sarebbe stata sempre sì.

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Un adolescente in casa

adolescente libroQueste giovani generazioni (bello parlare come i vecchi ogni tanto…) arrivano all’adolescenza presto. Troppo presto. Il gnappo ci sta entrando adesso, ai 2 anni compiuti da poco. Per la prima volta ieri, durante uno degli infiniti capricci, è andato da solo in camera sua.

Era pronto in tavola. Io e Anna ci sediamo e lui non vuole venire. Vuole continuare a giocare sul tappeto. Dopo innumerevoli “vieni”, “c’è pronto”, “uh che buona la pappa!”, “adesso si mangia” ecc. il nano ha preso su e se n’è andato.

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Il temuto ritorno dalle nostre vacanze di Natale

hard resetSto ancora cercando i tasti per fare un hard reset del gnappo. Perché dopo due settimane passate dai nonni si è abituato a un mood che non è proprio quello standard. Ogni anno il ritorno dalle vacanze di Natale è sempre da raccontare.

Prima siamo andati a casa dei genitori Anna, dove lui giocava con la gatta e si faceva spupazzare dalla nonna. La povera micia non ne poteva più. Lui che voleva accarezzarla ad ogni minuto con i suoi modi non sono proprio delicati. Lei che portava pazienza e che quando lui esagerava gli faceva capire bene che stava oltrepassando il limite. Tipo quando si è girata di scatto e gli ha dato un mini-morso sulla manina. Scena fantastica. Lui non sapeva se ridere o piangere. Ma per precauzione si è allontanato. Mica scemo.

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Il gnappo e i suoi capricci, la fase del no

no“Tato, andiamo a ninna?”
“Na!”
“Prepariamo la pappa?”
“Na!”
“Andiamo di là a giocare?”
“Na!
“Sei un bravo bimbo?”
“Na!”
“Guardiamo la tv?”
“Na!”
E via così…

Potrei continuare all’infinito. Alla soglia dei due anni, i temibilissimi terrible two, è iniziata una nuova fase. Quella del no. Per qualsiasi cosa. Così per partito preso. Giusto per fare il bastian contrario.

Di solito il no è accompagnato dal movimento con la testa. Il gnappo non parla ancora, ma adesso dice sì e no. Il più delle volte a caso. Altre volte invece ci prende. Sul “Vuoi bene alla mamma?”, la risposta è sì. Che però non dice a voce, ma lo mima con la testa. Invece il no, che di solito si abbina a tutto il resto, lo sillaba proprio: “Na!”. Una sagoma, se non fosse che dopo la raffica di no a tutto, un po’ di nervoso ti viene.

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“Ogni bambino ha i suoi tempi” (biblici…)

aereo parco giochiNon solo bastian contrario. Ha anche il culo pesante quel fagotto lì. Le maestre non sanno più che pesci pigliare. Tu gli dici di fare una cosa e lui fa tutto il contrario. E’ l’unico della classe a comportarsi così. Quando vedo le foto che gli scattano all’asilo, con tutti i bimbi in gruppo che pendono dalle labbra dell’educatrice, chi è che si fa beatamente i fatti suoi, girato nelle posizioni più improbabili? Il gnappo ovviamente.

“Farà l’artista”, dice ottimisticamente mia sorella. “E’ piccolo!”, lo giustifica sempre mia mamma. “Sa tze dür!”, esclama mio suocero in dialetto. Sta di fatto che lui, il piccolo primate senza pelo, ancora “non risponde ai comandi”. Lui compensa tutto con la simpatia. Perché, come ci aveva fatto intuire nei suoi primi mesi di vita, è davvero un gran paraculo. E questo post, scritto una settimana dopo la sua nascita, lo conferma. Blog canta e gnappo non dorme (ancora).

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Odi et amo, dall’abbraccio al capriccio

baby herman roger rabbitQuando il gnappo mi vede uscire di casa piange. Succede più spesso la sera. Mi si attacca alle gambe e si mette tra me e la porta. Non nego che questo attaccamento mi fa piacere. Forse è affezionato anche a me, non solo alla mamma. Certo, con lei è tutta un’altra storia. Una volta che è uscita a cena con le sue amiche, il nano era disperato. E’ rimasto cinque minuti in anticamera, con un pianto inconsolabile. Scena straziante: voleva infilare le sue ditine nella porta blindata chiusa per cercare di aprirla.

Ci ho messo del bello e del buon per calmarlo e metterlo a letto. Neanche la scopa, oggetto feticcio che gli piace tanto, è servita a farlo smettere di piangere. Ce l’ho fatta solo con un libro di favole che abbiamo sfogliato sul lettone. Ovviamente la mamma è sempre la mamma.

Però quando mi vede tornare a casa, quando sente la chiave che entra nella porta, più o meno al solito orario, mi corre incontro. Si attacca alle gambe, all’altezza delle ginocchia e ride contento. Poi, un secondo dopo, si mette ad indicare il mio casco per cui va matto. Magari quel giorno non l’avevo neanche preso su, visto che ero andato al lavoro in bici, ma lui lo indica lo stesso. Perché di solito, quando rientro a casa ce l’ho ancora in testa.

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I terrible two si avvicinano

ciuchinoE’ arrivata una nuova cazziata dall’asilo. Perché il gnappo sembra essere sempre più mulo. Le ultime sono: “Non mette a posto i giochi e non mangia da solo”. Perfetto, la tecnica del gambero è tornata in azione. Ora, a me viene anche un po’ da ridere per non piangere. Perché se già all’asilo le maestre cominciano a dire che non va bene, immagino alle elementari e alle medie. Il buongiorno si vede dal mattino.

Adesso ogni volta che vado a prenderlo all’asilo c’ho un po’ di patema. “Avrà fatto il bravo oggi?”, mi chiedo tra me e me. E incrocio le dita. Sì perché non è una bella sensazione andare a prenderlo e sentirti dire dalla maestra: “Tuo figlio non fa niente”. E mentre te lo stanno dicendo, lui fa lo gnorri e cerca di buttarsi tra le tue braccia. Annamo bene!

Così, un povero papà, esce dalla porta, in un pomeriggio qualsiasi, annichilito, con le orecchie basse e con la promessa: “Ci lavoreremo anche a casa, adesso gli faremo mettere a posto i giocattoli e lo faremo mangiare da solo”. Fosse facile. Meno male che dopo l’asilo c’è il parchetto. Per dimenticare la cazziata l’ho subito sguinzagliato e me lo sono sbaciucchiato un po’ mentre gli davo la merenda sulla solita panchina: un bicchiere di latte e una banana.

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Andare a Canossa dalla consolatrice degli afflitti

matilde di canossaIeri sera il gnappo ne ha fatta una delle sue. Scene madri intendo. Eravamo appena tornati dal giretto, io e lui. Era contento, gioia che sprizzava da tutti i pori. D’altronde eravamo a casa tutti e adesso, dopo i primi due giorni di ripresa all’asilo, forse apprezza di più lo stare con noi. Dico forse perché non ne ho la certezza, magari era solo contento di suo…

Io e lui sul divano, mentre Anna preparava la cena. Sto smanettando un po’ col telefonino e lui attaccato a me. Poi si siede anche lei con noi e lui, ad un certo punto, non si sa perché, butta indietro la testa che sbatte contro il muro. Anzi, contro la cornice del quadro attaccato al muro. Ahia. Nella botta si è fatta male anche la cornice.

Pianto a dirotto, Anna lo prende in braccio (io la chiamo ormai la “consolatrice degli afflitti“, seguito volendo da un “prega per noi” opzionale). Lui quasi subito, consolato dall’abbraccio materno che funziona meglio di qualsiasi medicina, dopo poco si calma. Ma la serenità che avevamo presagito è andata a quel paese. Perché lui, se si fa male (anche da solo, come in questo caso), si inkazza. Con noi e col mondo intero. Gli girano proprio le balle. Come se non fosse “colpa” sua, ma qualcun altro avesse la responsabilità del male che si è fatto. E’ il mistero del male, la teodicea praticamente. Che uno impara e pratica già a un anno e mezzo. Bon, da lì, apriti cielo.

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Evoluzioni gnappesche tra sorrisi, schiaffi e nuove facce

bimbo paraculoI terrible two si avvicinano. Passata la boa dei 19 mesi, tra poco arriveranno i 20. E i 24 sono a un passo. Da quando ha finito l’asilo, a metà luglio, prima di andare in vacanza, il gnappo ha fatto passi da gigante. Nelle due settimane in cui non l’ho visto è cresciuto, e non solo di peso, anche grazie alla “cura” con pranzi e cene in hotel coi nonni. Il download delle espressioni facciali e dei versi è aumentato di brutto. Fa delle facce troppo ridicole quando vuole fare lo scemetto. Prima era più rinco, mentre adesso è sveglio come pochi quello là. E’ bel birichino, un vero balosso, come si dice dalle mie parti.

Quando li ho raggiunti per portarli al mare ad agosto mi sono accorto della differenza. Perché l’unico modo per rendermi davvero conto dei progressi che fa è non vederlo per qualche giorno. Se ce l’ho sempre sotto gli occhi non mi accorgo delle differenze. Ma quando capita di stare lontano per una settimana, capisco cosa provano gli amici o i nonni che lo vedono ogni tanto: stupore e meraviglia. In un battibaleno me lo ritroverò alle elementari, già lo so. Il tempo passerà anche troppo in fretta. Questione di punti di vista. Quando lo guardo nel lettino mentre dorme (bello spaparanzato con le gambe distese che quasi non ci sta più tra le sbarre) mi chiedo dove è finito quel microbimbo che ancora non riusciva a girarsi sulla schiena e ciucciava (o meglio, tentava di ciucciare) il latte dalle tette della mamma. Ed è passato un anno e mezzo, mica secoli.

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La gnola, gli alpini e un week end tranquilli

Cappello_AlpinoUff. Che fatica. Il gnappo è in modalità gnola (stato d’animo che nasce dall’unione tra Lagna, Tigna e Noia). Gnola di giorno, quando torna a casa dall’asilo. Ma soprattutto gnola di notte, con una media di circa 10 risvegli. E’ così da mercoledì e dopo la seconda notte insonne, passata a cercare di consolare l’inconsolabile, sono un tantino provato. Come sempre le abbiamo tentate tutte. Camomilla, a letto con noi, io con la brandina vicino al suo lettino, Dentinale sulle gengive, un po’ di Tachi, (perché non si sa mai che abbia male da qualche parte).

Niente, di giorno è intrattabile e di notte disperato. Se prima, quando si svegliava, era relativamente facile farlo riaddormentare rimettendogli il ciuccio, adesso il ciuccio non lo vuole più e si incazza quando provo a rimetterglielo. Urla disperate da svegliare mezzo quartiere. L’unico modo è prenderlo in braccio, svegliarlo, e dopo un bel po’ (magari anche accendendo la luce) si calma.

Ok, torniamo al solito mantra: “Saranno i denti”. La dentizione è ormai causa anche del buco dell’ozono, del fallimento di Lehman Brothers, dell’estinzione dei panda. “Saranno i denti”. Saranno i denti che lo rendono intrattabile quando gli diciamo di non darci gli schiaffi in faccia. Con le buone. E continua. Con le cattive. E continua ancora, per sfidarti. Con le cattivissime (ieri l’ho alzato di peso dal letto e gli ho dato un’urlata in faccia). E allora (forse) piange. Perché il gnappo è un duro, oltre che un testone. Non piange facilmente. Tiene tutto dentro. Non ti dà la soddisfazione di farsi vedere con le lacrime.

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Se il gnappo fosse un gambero

gamberoSarà il vaccino antimorbillo fatto una settimana fa, sarà che il Papa si è dimesso, che c’è Sanremo, o sarà forse per questa “spumeggiante” campagna elettorale. Ma non fai in tempo a dire che il gnappo è migliorato che lui, come un gambero, dopo un passo avanti ne fa tre indietro. “Sono fasi” è il leit motif. Peccato che le fasi buone siano più o meno un terzo di quelle rognose.

Non che faccia chissà che, però da qualche giorno ha ripreso a non mangiare. Ci eravamo illusi dopo una settimana in cui divorava le sue pappe. Così, dal nulla. Di punto in bianco ha iniziato a mangiare con gusto. Poi, dopo quella settimana, è tornato al punto di partenza. Quattro o cinque cucchiai e poi basta. Chiude la bocca, se la apre poi sputa, ma, peggio del peggio, dà manate sul cucchiaio. Risultato: colazione poco e niente, pranzo poco e niente, cena vedremo.

E le abbiam provate tutte: mangia prima di noi o a tavola con noi, con le sue pappe o con quello che mangiamo noi. Niente, il nanerottolo all’ultimo percentile ci sta mettendo a dura prova. Perché se è vero che “i bambini non vanno forzati”, “se non mangiano è perché non se la sentono”, “lo sanno loro quanto devono mangiare”, è altrettanto vero che il non riuscire a dargli da mangiare è abbastanza frustrante. Anche se ci metti tutta la pazienza del mondo o provi a far finta di niente. Alla lunga, a 13 mesi suonati, da quando imprecavamo per l’allattamento, passando per lo svezzamento e poi via via fino ad oggi, un po’ le balle ti girano.