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Pensieri di un papà

Io e mio padre

scuola guidaNon parlo quasi mai di mio padre. Forse perché la sua presenza è sempre stata molto discreta. Ma lui c’è e c’è sempre stato. Il nostro rapporto può sembrare un po’ freddo a volte, ma al di là del mio atteggiamento spesso distaccato, gli voglio bene. E’ una frase fatta dire “vorrei poter essere un papà bravo come è stato lui”. Ok. Però per certe cose è vero.

Adesso lui è un nonno felice, ma non come Gino Bramieri nella sitcom anni ’90 con Franco Oppini e Paola Onofri. Che sia felice lo vedo dai suoi occhi, quando gioca a pallone col gnappo o quando tiene in braccio The Second. E questi piccoli momenti di gioia se li è meritati tutti.

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Il Bosco di Fede

Abbattere il muro della leucemia, l’albero di Massimo

Bosco di FedeC’è un nuovo albero nel Bosco di Fede. Lo ha piantato Massimo, un papà che insieme a sua moglie sta affrontando una delle prove più difficili della vita, di quelle da togliere il fiato.

Non serve aggiungere altro alle sue parole. La vita, a volte, ci mette davanti a muri che sembrano insormontabili e senza senso. Ma la luce in fondo al tunnel prima o poi arriva. Il buio non può avere l’ultima parola. Fatti come questi ci mettono davanti al mistero della vita e al suo senso. E ci fanno guardare il mondo da un’altra prospettiva. Almeno parlo per me.

Grazie Massimo per il tuo albero. Ti siamo vicini e tifiamo tutti per il tuo The Second. Ricambio l’abbraccio, forte.

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Pensieri di un papà

Talis pater, ovvero: la mela cade sempre vicino all’albero

mela cadeIl nanerottolo che cresce alla velocità della luce ha già le sue abitudini, i suoi modi di fare, il suo carattere. E facile capire da chi ha preso. Manco a dirlo, da me. E non so se sia un bene. Almeno per il momento, visto che magari col tempo cambierà, ma da certi suoi atteggiamenti mi sembra di vedermi in uno specchio in miniatura. Su un sacco di cose.

Cibo. Come si dice dalle mie parti il gnappo è un vero sgnèrfolo, uno schizzinoso, uno che non mangia tutto e che appena proviamo a fargli assaggiare qualcosa di nuovo fa una faccia tipo: “Cos’è questa cacca che mi state dando?”. Non è un mangione e quando si stufa della pappa (se va bene la mangia tutta, se va male si ferma al quinto o sesto cucchiaio) gira la testa, chiude la bocca a saracinesca e tenta di colpire il cucchiaio dandogli una manata.

E’ un esercizio ottimo per i riflessi pronti, quello che io e Anna facciamo quotidianamente, tre volte al giorno. Perché lui, appena non vuole più la pappa, quando meno te l’aspetti, prova a buttare tutto all’aria (e il più delle volte ci riesce). Altre volte invece fa una faccia da insofferente e mette il braccio in alto per allontanare il cucchiaio come il miglior commediante all’italiana. Un vero attore.

Sonno. Per addormentarlo ci vuole del bello e del buono. Prima di cadere tra le braccia di Morfeo, si alza, si gira, prova 200 posizioni possibili. Prima in un senso, poi in un altro. Poi, sul più bello, quando il respiro si fa più affannoso e sembra che il sonno abbia avuto la meglio, appena provo ad alzarmi e ad uscire dalla sua stanza, tac! Lui si rialza e piange. Farlo fesso è difficile.

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Maschi vs femmine

La sindrome della Couvade, ecco i miei sintomi

Ora è tutto chiaro. Ho scoperto un’altra cosa nuova. La “sindrome della Couvade”. Dopo la composizione chimica dell’ossitocina e delle prostaglandine, la differenza tra lacerazione ed episiotomia, la differenza tra cefalico e podalico e la scoperta del baby blue, ora ho raggiunto il mio Nirvana conoscitivo: la sindrome della Couvade! (tradotto: sindrome della covata).

Me ne ha parlato per la prima volta ieri Anna dopo una chiacchierata sui miei comportamenti da quando lei è incinta. Oggi mi sono informato. Ho scoperto così che quando la donna è incinta anche l’uomo può avere “per empatia” dei cambiamenti notevoli. Cito: “Il futuro papà potrebbe soffrire di mal di denti e mal di testa, perdere l’appetito o provare nausea e vomito, potrebbe condividere con la compagna mal di reni e coliche addominali”.

No, io per fortuna non ho niente di tutto ciò. Niente vomito né mal di testa. Niente mal di reni né di denti, ma anzi, mangio come un lupo.

Ecco i miei sintomi:

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Tagliamoci le vene

Da Papa a papà in meno di 30 anni

Non so perché, ma il mio sogno da bambino era quello di diventare Papa. Da piccolo mi ricordo che vedevo in tv Giovanni Paolo II. Il fatto che fosse tutto vestito di bianco tipo angelo e che tutti dicessero che era bravo mi aveva fin da subito affascinato. Quando i miei genitori mi fecero la classica domanda: “Che cosa vuoi fare da grande?”, non ebbi esitazione e risposi sicuro: “Il Papa”. Avevo più o meno 3 anni. I miei ovviamente non si ricordano della scenetta, ma io sì e anche molto bene nonostante siano passati quasi 30 anni. Mi ricordo anche che loro si misero a ridere e io, ferito nell’orgoglio, a piangere. Volevo proprio fare il Papa, pensando che fosse un lavoro come gli altri, passando se ci fosse stato bisogno da tutti i “gradi” gerarchici: prete, vescovo, Papa! Mi sembrava semplice.

Poi col tempo ho desistito da questa precoce “vocazione”. A dir la verità da lì in poi non ho mai saputo cosa fare da grande e anche adesso che ho passato i 30 ancora non lo so. Sono passato per il classico astronauta, dentista, ingegnere, filosofo fino a fare uno dei tanti mestieri che come si dice in gergo “… sempre meglio che lavorare”.

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Pensieri di un papà

Dilemma da papà: entrare in sala parto o no?

Ho appena avuto una discussione con i miei colleghi “papà perfetti” sulla necessità o meno che il papà entri in sala parto. Io essendo abbastanza all’antica sostengo di no: sarei inutile, mi impressiono, i medici dovrebbero soccorrere anche me, se vedessi una testa uscire dalla gnappa credo non vorrei più rientrarci per tutta la vita… ecc. ecc.

Così mi sono preso il loro quotidiano cazziatone: “Ma che padre sei?”, “Tuo figlio te lo rinfaccerà per tutta la vita!”, “Sono momenti unici, non dovresti perdertelo”, “E’ giusto che ci sia anche tu in quel momento”, e via così.

Io e Anna al momento siamo d’accordo. Lei per fortuna non insiste adesso sul fatto che io debba entrare con lei e stare lì fino alla fine. Vedremo se col tempo (e soprattutto quando starà per entrare in sala “sfornamento”) cambierà idea.