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Pensieri di un papà

Cinque anni insieme, buon anniversario Anna

Cinque anni fa, la notte tra il 21 e il 22 dicembre, accadde una cosa che cambiò la mia vita. Non me lo sarei mai aspettato, allora non potevo immaginarlo, ma quella festa di Natale, fatta nella casa dove vivevo con i miei coinquilini, fu per me l’inizio di un percorso che spero finisca solo con la fine dei miei giorni.

Avevamo organizzato tutto alla perfezione. Alcol a volontà, musica e luci giuste, più donne che uomini tra gli invitati, il tutto con quell’atmosfera di sesso che si respirava nell’aria. Io, come al solito, mi ero occupato solo dei dettagli. Quando c’è da lavorare tendo sempre alla fuga. E’ così, amo la cura del particolare, mentre agli altri faccio fare “il grosso”.

A metà serata, quando il tasso alcolico si era già notevolmente alzato, scesi dalle scale vestito da Babbo Natale, portando su un vassoio il pandoro da offrire gli invitati. Presi il microfono e dissi due cazzate, le prime che mi vennero in mente per dare il benvenuto e ringraziare i miei coinquilini e i nostri amici.

Poi, sempre vestito da Babbo Natale, mi misi a ballare in piedi sui divani, prendendo per mano le donzelle e facendole girare. Cercai ovviamente quelle più disponibili, ma niente da fare. Non c’era trippa per gatti, come tante, troppe volte. Neanche Babbo Natale era riuscito a fare colpo. Peccato.

La gente verso le 4 di mattina iniziava ad andare a casa. Il mio coinquilino si era già limonato due o tre tipe, come al solito. Io allora mi misi a ballare da solo in mezzo alla sala, trasformata per l’occasione in pista da discoteca. Mi avvicinai a una ragazza dai capelli scuri che ballava da sola anche lei, abbastanza ubriaca. Sapevo che era amica di Davide, ma non le avevo mai parlato più di tanto. Era molto carina e sempre sorridente.

Le presi la mano e iniziai a farla girare. Non opponeva resistenza. Buon segno. A un certo punto, dopo un po’ provai a baciarla sulla bocca. Non si spostò come le altre. Non mi guardò con aria irrigidita né tantomeno mi allontanò. Si prese quel bacio istantaneo che io subito tentai di dissimulare: “Fa parte della coreografia”, le dissi mentre stavamo ancora ballando. Lei sorrise. Provai allora a dargliene un altro. Sorrise ancora.

Andai avanti a ballare ancora per un po’, sempre per non dar troppo peso alle mie intenzioni. Poi mi avvicinai cercando di abbracciarla. E lì scattò il primo limone. In mezzo alla pista di casa mia, con in sottofondo uno di quei balli latinoamericani che quasi nessuno ballava.

La presi per mano e la portai su per le scale dove c’erano le camere dei miei coinquilini. E lì scattò un altro limone, appoggiati al muro. Vidi che la camera di Davide era libera (l’altra era già occupata) e ci sedemmo sul suo letto. Poteva finire lì, anzi, sarebbe finita sicuramente lì se Davide (che tra l’altro ci aveva presentati) non ebbe il colpo di genio. Chiuse a chiave la porta di camera sua, con noi dentro, e si tenne la chiave. Non potevamo uscire. Eravamo sequestrati. (Grazie vecchio, te ne sarò per sempre grato).

Com’è, come non è, dopo il limone andammo avanti indisturbati. Ricordo un mare di capelli ovunque e più dolore che piacere a dir la verità. Quella notte dormii forse un paio di ore scarse. La mattina mi alzai alle 7 per andare al lavoro. Stravolto, ma con un sorriso che non mi si levava dalla faccia.

Ci rivedemmo dopo un po’ di giorni dalla festa, dopo Natale. Lei si era appena lasciata col suo ex e non voleva storie serie. Fu così che rimanemmo “trombamici” per circa 8 mesi. Poi, ad agosto, la prima vacanza insieme. Il resto è storia. La nostra storia. Buon anniversario A.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto