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Pensieri di un papà

Perché ho deciso di sposarmi e sposarmi in chiesa

matrimonio in chiesa fioriIeri abbiamo passato la boa dei quattro anni di matrimonio. Pochi, pochissimi, considerando una vita intera. Ma un po’ di strada insieme l’abbiamo comunque fatta, dal giorno in cui ci siamo incontrati per la prima volta.

Grazie alla domanda di Ilenia, su come mai abbiamo deciso di sposarci e sposarci in chiesa, provo un po’ a mettere insieme le idee. Rispondere e pensarci mi aiuta nel riflettere sul perché di questa scelta. Una scelta sicuramente non presa alla leggera, visto che impegna (almeno si spera) per tutta la vita.

Perché abbiamo deciso di sposarci? Rispondo per la mia parte ovviamente, forse la mia dolce metà avrà altre motivazioni. Mi piacerebbe fare anche a lei la stessa domanda e appena ci vedremo gliela farò.

All’inizio c’è stata la conoscenza reciproca. Ci si vedeva, si usciva la sera, si stava insieme. Non morbosamente, ma molto liberamente. Nessuno stress, tempeste di messaggini o altro (WhatsApp nel 2007 non c’era ancora, ecco, mi sento vecchio…), qualche mail e un paio di telefonate alla settimana. L’abbiamo presa molto soft.

Poi, dopo le prime uscite per aperitivi & co. (l’aperitivo è meno impegnativo di una cena, ma già più impegnativo di un caffé) sono iniziate le cene al ristorante, poi a casa, poi qualche week end in giro. Le cose che fanno i fidanzati insomma, prese molto gradualmente. E abbiamo iniziato a scoprire pian piano un po’ le carte.

La “scintilla” è scattata dopo un viaggio di cinque giorni in Scozia, a fine estate. La vacanza è sicuramente una buona cartina di tornasole che rivela tante cose. Lì, dopo una cena in un ristorante indiano, dopo essermi scolato quasi mezzo litro di vino, visibilmente ubriaco, le ho detto la fatidica frase: “Tra me e te potrebbe funzionare…”. In vino veritas, dicono. Lei si mise a ridere.

Ogni tanto litigavamo anche. Io, inconsciamente, anche comportandomi parecchio male, cercavo di mettere alla prova la nostra relazione. E’ brutto, lo so, ma mi serviva per capire. Capire se il mio carattere poteva essere compatibile con il suo. Non erano cose studiate, o premeditate, tutto è venuto spontaneo, ma abbiamo passato, anche da fidanzati, le nostre crisi, fino ad arrivare quasi sul punto di lasciarci. Sarebbe bastato un attimo. E sarebbe stato principalmente per colpa mia.

Mi sono messo però nei suoi panni e mi sono chiesto: “Come mi sentirei io se lei mi trattasse così?”. “Se fossi nella sua situazione cosa mi farebbe piacere in questo momento?”. E così, combattendo contro il mio egoismo, ho capito che se l’avessi persa avrei perso una persona unica, a cui, per la prima volta tenevo davvero e con la quale intuivo che ci sarebbe potuto essere un futuro di vita insieme.

A piccoli passi ho deciso di far uscire la nostra relazione allo scoperto. Io non avevo mai presentato nessuna ragazza ai miei genitori. Mi vergognavo. Se ci penso lei è stata fantastica a non forzarmi, a lasciarmi i miei tempi, a lasciarmi libero, a non farmi sentire pressioni. Non è da tutte. E infatti, come mi scrisse mia sorella a cui chiesi consiglio prima di dire ai nostri genitori che ci volevamo sposare, “she’s the one”.

Ma sto divagando come al solito. La domanda è, “perché le ho chiesto di sposarmi?”. Perché intuivo che tra noi, appunto, poteva funzionare. Ma non è stato un esperimento. Un provare tanto per… Un “ma sì, proviamo a vedere come va…”. Quello era il fidanzamento. Col matrimonio abbiamo deciso e promesso pubblicamente (e spero con tutto il cuore e mi impegnerò per tener fede a questa promessa, nella buona e nella cattiva sorte) di donare la nostra vita all’altro, per costruire qualcosa insieme. Liberamente e volontariamente.

Prima di fare il passo e deciderci, ne abbiamo parlato tante volte. Anche stando vaghi, poi parlando di amici che si sono sposati prima di noi e di altre situazioni concrete. Per capire, più o meno direttamente, come l’altro la pensasse. Incazzandoci anche, perché le nostre idee sull’argomento non sempre erano le stesse. Dovevamo chiarirci i pensieri, ma io sapevo che un’altra così non l’avrei più trovata, neanche in diecimila vite. E lo penso ancora. Ci saranno donne più belle, intelligenti, ricche, ma lei è lei. E dove la trovo un’altra che mi supporta e mi sopporta così?!

Dopo l’ennesima discussione sul tema matrimonio, una sera a cena, gliel’ho buttata lì: “Perché allora non ci sposiamo?”. Nessun anello, non in ginocchio, una proposta che non era una proposta. Una domanda vaga, forse per paura che lei dicesse di no, ma fatta guardandoci negli occhi. “Va bene”, rispose e, dopo un istante di silenzio, gli occhi sono diventati lucidi a entrambi.

Ma sto ancora divagando. La scelta di sposarci è stata naturale. E’ partita prima come un’intuizione, che poi si è rafforzata sempre di più, diventando convinzione, poi speranza e decisione. Decidere è decidersi. E’ affidarsi all’altro. E’ dire “ti do la mia vita, so che sarà in buone mani”. E’ questione di fede, soprattutto.

Perché poi abbiamo deciso di sposarci in chiesa? Anche qui la scelta non è stata facile. Anzi. Su questo sono andato in crisi. Non ci siamo sposati in chiesa per l’abito bianco, per la tradizione, perché i nostri genitori sarebbero stati più contenti o per altri motivi. Avevamo, e abbiamo, due approcci diversi alla questione. Ma su una eravamo d’accordo. Il fatto che dovesse essere “per sempre”. Perché la definitività di una relazione, il fatto che sia “per sempre”, quando ci si innamora, credo sia nel cuore di tutti. E’ un desiderio innato degli uomini, come alla speranza che ci sia la vita dopo la morte. Il matrimonio (anche se  volte è difficile far sì che non si riduca a questo) non è solo un’azienda, una società in cui uno compra la cucina, uno la lavatrice… E’ scegliere di venire scelto. E ognuno, in fondo, spera e vuole che questa scelta sia per sempre. Altrimenti non ci si butterebbe neanche.

Sul “per sempre” quindi eravamo d’accordo. Oh, non sto dicendo che ci si riesca poi, ma almeno cerchiamo di impegnarci per riuscirci. E’ un punto di partenza, sperando che lo sia anche di arrivo. Ma se uno non parte almeno col proposito, la questione non si pone neanche.

C’è poi il capitolo dei figli. Per noi matrimonio e figli non sono la stessa cosa. Uno può avere figli anche fuori dal matrimonio. E’ più “naturale” avere figli che sposarsi. Ma, se ci si sposa, si pensa, anche se magari non da subito, avere dei figli prima o poi. Almeno non lo si esclude in partenza. Anche questo è un desiderio intimo ed eravamo d’accordo. (Eravamo talmente d’accordo infatti che il gnappo è arrivato in anticipo sui tempi previsti, ma, visto a posteriori, è stato un bene immenso, perché se no probabilmente non ci saremmo mai decisi…).

C’è poi l’educazione cristiana dei figli (che non vuol dire mandarli in seminario, ma almeno il battesimo e, se possibile, due o tre nozioni di base…). Su questo Anna mi ha dato carta bianca, visto che lei è agnostica e non dico atea per pudore, ma siamo lì insomma… E anche su questo eravamo d’accordo.

Così alla fine, ragionandoci sopra, e sentendo le sue motivazioni e confrontandole con le mie (che si potrebbero riassumere nel fatto che io “ci credo”), abbiamo scelto per il matrimonio in chiesa. Ma non è stata una scelta presa a cuor leggero, anzi. Ma poi, confrontandoci anche con chi ci ha sposato e facendo il corso pre-matrimoniale abbiamo pensato che questa sarebbe stata la decisione giusta per noi.

Per approfondire tutta la questione segnalo questi due link: uno da Wikipedia e uno dar Cupolone. Auguri e figli maschi (ma anche femmine va bene uguale).

Di Fede

Blog di un papà imperfetto