Categorie
Pensieri di un papà

Nelle tue mani

mano nella manoOgni tanto penso alla morte. E’ un argomento che fin da piccolo mi ha affascinato/spaventato. Non ho paura a chiamarla con il suo nome: morte. E non decesso, scomparsa, dipartita, addio ecc. Le cose vanno chiamate con il loro nome. Soprattutto una realtà che fa parte della vita e che, democraticamente, affronteremo tutti, prima o poi.

Oggi sarebbe stato il compleanno di un caro amico di adolescenza che è morto cinque anni fa. Ancora non mi sembra vero. Altre persone amiche o conoscenti sono morte nei mesi scorsi e altre probabilmente moriranno negli anni futuri. C’est la vie. C’est la mort, in questo caso.

Quello che più mi affascina è la mia morte. Quello che più mi spaventa è la morte degli altri, soprattutto delle persone care.

Il giorno della mia prima comunione pregai perché i miei genitori potessero vivere a lungo. Arrivare alla vecchiaia e morire quando sarei stato adulto.

Sapevo che i miei genitori prima o poi sarebbero morti e pregavo perché potesse capitare il più lontano possibile.

Al battesimo del gnappo mi è tornato il pensiero. E’ bastato annusare la sua testa, appena unta con l’olio santo, un profumo particolare, di incenso e aromi. Quell’olio usato anticamente per ungere i corpi degli atleti e fortificarli, che però a me ha fatto venire in mente, in quell’istante, l’unzione dei morti.

In quell’istante ho pensato che anche il gnappo – che allora aveva sette mesi – in un futuro che spero sia il più lontano possibile sarebbe anche lui morto. E che io non avrei potuto fare niente per evitarlo. Sembra quasi impossibile che anche un neonato possa morire. E’ qualcosa che non si può capire. Un controsenso.

Anche in quel giorno, come in quello della mia prima comunione, ho pregato ancora con tutto il cuore: che lui potesse vivere più a lungo dei suoi genitori. Seguendo il ritmo cronologico della vita.

Poco fa sono andato in camera dei gnappi. The Second piangeva. Si è svegliato per un incubo. Così, nella penombra, ha voluto che gli tenessi una mano. Poi ha cercato anche l’altra.

Per qualche minuto sono rimasto vicino al suo letto, le sue piccole mani nelle mie mani.

In quell’istante ho pensato che, se potessi scegliere, mi piacerebbe morire con qualcuno che mi tenesse le mani. E quel qualcuno vorrei proprio che fossero lui e suo fratello.

Una mano a testa, le mie mani nelle loro mani. Sarebbe un bellissimo regalo.

Poi ho pensato anche che morire è come nascere di nuovo. E’ come passare di mano in mano.

Quando siamo nati qualcuno ci ha preso con le proprie mani e ci ha avvicinato a sè. Non ci ha lasciato andare. Ci ha preso, afferrato, accolto, accudito. E questo è il mistero della vita, che ho vissuto in parte da spettatore e che ancora non riesco a comprendere.

Penso che quando moriremo qualcun Altro ci prenderà nelle sue mani. Ci sarà qualcuno che ci prenderà per mano, ci accoglierà, si prenderà cura di noi. E questo è il mistero della morte, che non ho ancora vissuto, ma su cui ho pochi dubbi e tanta speranza.

Perché vita e morte sono parte dello stesso insondabile mistero.

E sarà bello, quando sarà il momento, afferrare quelle altre mani.

E sperare che queste piccole mani, che adesso mi stringono, un giorno potranno tenere le mie, per darmi conforto e consegnarmi a quelle altre mani, che, sono quasi certo, non mi abbandoneranno.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto