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Io lei e l'altro

Andare a Canossa dalla consolatrice degli afflitti

matilde di canossaIeri sera il gnappo ne ha fatta una delle sue. Scene madri intendo. Eravamo appena tornati dal giretto, io e lui. Era contento, gioia che sprizzava da tutti i pori. D’altronde eravamo a casa tutti e adesso, dopo i primi due giorni di ripresa all’asilo, forse apprezza di più lo stare con noi. Dico forse perché non ne ho la certezza, magari era solo contento di suo…

Io e lui sul divano, mentre Anna preparava la cena. Sto smanettando un po’ col telefonino e lui attaccato a me. Poi si siede anche lei con noi e lui, ad un certo punto, non si sa perché, butta indietro la testa che sbatte contro il muro. Anzi, contro la cornice del quadro attaccato al muro. Ahia. Nella botta si è fatta male anche la cornice.

Pianto a dirotto, Anna lo prende in braccio (io la chiamo ormai la “consolatrice degli afflitti“, seguito volendo da un “prega per noi” opzionale). Lui quasi subito, consolato dall’abbraccio materno che funziona meglio di qualsiasi medicina, dopo poco si calma. Ma la serenità che avevamo presagito è andata a quel paese. Perché lui, se si fa male (anche da solo, come in questo caso), si inkazza. Con noi e col mondo intero. Gli girano proprio le balle. Come se non fosse “colpa” sua, ma qualcun altro avesse la responsabilità del male che si è fatto. E’ il mistero del male, la teodicea praticamente. Che uno impara e pratica già a un anno e mezzo. Bon, da lì, apriti cielo.

La pappa nel frattempo è pronta. Lo mettiamo sul seggiolone. Gli do un giochino per intrattenerlo. Poi glielo tolgo perché è ora di mangiare. Pianto disperato. Anna già intuiva che la serata non sarebbe stata facile. Poi cerchiamo di dargli un altro gioco (perché sì, ormai abbiamo ceduto, per distrarlo e fargli aprire la bocca gli diamo un giocattolo in mano, cosa che non volevamo fare all’inizio, ma poi, per non farlo diventare più magro di Gandhi, abbiamo ceduto). Niente, non funziona, la bocca non la apre proprio. Dallo sguardo si vede l’inkazzatura sottotraccia, arrivata dopo la testata di prima.

In quel momento ho benedetto la pazienza della mia dolce metà. Lei, a differenza mia, è paziente. Riesce (quasi sempre) a mantenere la calma e a stargli dietro. Così, ci riprova. Qualche cucchiaiata l’ha mangiata, ma così, per inerzia. Pochissime a dir la verità. Poi inizia a buttare per terra i giochi. In malo modo. Così, cercando di rimanere zen anch’io, dopo l’ennesimo lancio, lo guardo negli occhi, non da cattivo, tranquillo ma serio. “Ascoltami, non si buttano per terra i giochi”. E lui toglieva lo sguardo cercando di fare altro. “Ascoltami, ti sto parlando, hai capito?”. E lui, a quel punto, inizia un a frignare.

Ricominciamo da capo. Ri-interviene la consolatrice degli afflitti, lo riprende in braccio e, una volta calmato, lo rimette sul seggiolone. Rifo. Niente, lui è proprio inverso, ridà una manata al cucchiaio e lo fa volare via. A quel punto la proverbiale pazienza della consolatrice degli afflitti si esaurisce. Lo prende e lo mette giù dal seggiolone arrabbiata. Cena finita. Lui disperato. Perché lui adesso piange così quando la mamma è arrabbiata. Perché capisce che la relazione con lei si è interrotta. Lei è arrabbiata con lui. E a lui (immagino io) è come se cadesse la terra sotto i piedi.

Io, memore dei consigli di Tata Lucia le dico, citando la Mary Poppins de noartri: “Lascialo lì, fagli esaurire il capriccio”. Ma dopo un po’ di lacrime disperate, con lui che è ai suoi piedi a implorare pietà, lo riprende in braccio. Era scattata infatti la fase “Andiamo a Canossa” quella in cui, puntualmente, dopo il capriccio, il gnappo si cosparge il capo di cenere e va a implorare perdono alla papessa. A quel punto lei lo riprende in braccio e lo consola. Lui smette di piangere. Le si attacca al collo e inizia a fare dei grandi sospironi. Tutto passato. Torna la calma.

Risultato: ha mangiato poco e niente, ma da lì a poco era già a dormire stremato. E’ incredibile come i nani ti ricattino sul cibo. Lui capisce che per noi, il farlo mangiare è una cosa importante. E allora, se c’è qualcosa che non va, se tutto non è come vuole lui, chiude la bocca o gira la testa. Così ci tiene in ostaggio. “Ah, sì? E’ così?” – sembra che pensi – “allora io non mangio! Tiè!”.

Dopo la notte con i soliti risvegli (dai 4 ai 5) stamattina inizia il nuovo giorno. Solito seggiolone, per la colazione. Macchinina giocattolo sul tavolino del seggiolone. E lui, come niente fosse, la ributta in malo modo per terra. E si ricomincia daccapo…

Di Fede

Blog di un papà imperfetto