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Pensieri di un papà

Asilo, castigo e telefonate: siamo fatti così

udienzeL’altra volta c’era andata solo Anna, a questa invece sono andato anch’io. Le temibilissime udienze dell’asilo nido. Ovvero il colloquio con la maestra (altrimenti detta educatrice) del gnappo. Vis à vis, a quattr’occhi. Per farci raccontare un po’ delle sue malefatte e scoprire che tra casa e asilo si comporta uguale. Siamo in piena fase capricci. In piena fase del “no”. Questo no, quello no. Pianti (finti) e sceneggiate partenopee. E poi i soliti schiaffi e manate dati ai compagni, così come a me e ad Anna quando gli girano i cinque minuti.

Pazienza, è il mantra che continuiamo a ripeterci. Con risate sotto i baffi quando le sue scene da vero attore raggiungono picchi da premio Ubu. Tipo quando non gli scendono le lacrime, nonostante ce la metta tutta a spremersi gli occhi, e allora si infila un dito, così la lacrima viene da sé. Insomma tutto nella norma, la battaglia contro i capricci sarà lunga. Ma questo è niente in confronto alle litigate che faremo tra 12 o 13 anni.

Alla sera telefono a mia mamma. Lei che difende il suo nipotino a spada tratta e odia l’asilo per partito preso. Odia anche le maestre che ha visto una volta di sfuggita. Il suo adorato è “piccolo”, “bravo”, “timido” ecc. Sì, in realtà è un vero dr Jeckyll e mr. Hyde, ma questo lei non lo può sapere visto che lui si mette la maschera da angelo non appena li vede. Ricordo di aver scritto un post sul nostro piccolo paraculo. E’ datato 14 gennaio 2012, quando lui aveva solo 5 giorni. E già manifestava la sua enorme paraculaggine (ereditata da me ovviamente) e doppia personalità. Carta canta.

Così al telefono le racconto delle udienze. “Come le udienze? Così piccolo?”, mi dice, andando subito nel panico e sulla difensiva. Io infierisco a manetta sul suo dolce e tenero cuore di nonna. “Sì, fa sempre i capricci, è sempre in castigo!”. Alla parola “castigo” evoco in lei chissà quali tremende torture cinesi. Invece il castigo vuol dire farlo sedere per terra appoggiato al muro e lasciarlo sbollire per un po’. Tecnica incruenta che di solito funziona.

“Ma come in castigo? Ma è piccolo! Quando avrà tre anni sì, ma adesso è ancora piccolo!”, dice montando nella rabbia e nell’indignazione. E poi parte con l’invettiva sul fatto che noi lo abbiamo mandato al nido troppo presto, che lei aveva le baby sitter per me e mia sorella e così via. E poi, dopo la mia chiamata terroristica, ammorba mio papà a cena che, un po’ con le balle al limite e un po’ preoccupato anche lui, mi telefona e mi chiede: “Ma come? L’hanno messo in castigo il giorno di Santa Lucia?”.

Ora, a parte che Santa Lucia a Milano non è molto sentita (ma noi il regalino gliel’abbiamo fatto portare lo stesso), tranqui, l’asilo nido non è un lager. Anzi, sta meglio sicuramente lì a giocare coi suoi amici che a casa con noi. E’ per la salute fisica e psicologica di tutti. Il gnappo sta benissimo. Chi lo vede lo dipinge come: “Il bambino più felice del mondo”. E furbo, aggiungo io.

Così mi mangio le mani e l’arma del terrorismo su mia mamma mi si ritorce contro. Perché lei non capisce che la sto prendendo in giro e che faccio apposta e va in allarme. E’ fatta così. Toccatele tutto, ma non il suo nipotino. Solo che è più forte di me, io mi diverto a farla penare un po’. Me lo dice Anna tutte le volte di smetterla. Che poi ammorba anche lei con le sue paranoie. Ma anch’io sono fatto così.