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Pensieri di un papà

Nuova uscita a cena, è la legge del contrappasso

Le uscite serali in due non sono più come quelle di una volta. Ora c’è da calibrare tutto al minuto. Da quando è nato il gnappo, in quasi due mesi, siamo usciti a cena due volte, senza portarcelo dietro. Non male, ma l’esperimento a 3 è rimandato a data da destinarsi.

Pensavamo che portarlo con noi in un locale non sarebbe stato un problema. Pensavamo di abituarlo fin da subito a stare un po’ in mezzo alla gente, così da non essere troppo vincolati alla casa. E invece finora ci siamo fatti un po’ di scrupoli e le due uscite serali fatte sono state possibili grazie ai baby sitters familiari (prima i miei suoceri e poi mia sorella) che sono rimasti a casa con il piccolo mentre noi ci siamo goduti queste serate dal gusto un po’ revival.

Il problema (o presunto tale) sono le poppate. Che andrebbero calibrate al minuto. Non ce la sentiamo infatti di allattarlo al seno in mezzo alla gente. Primo perché il gnappo ogni 10 ciucciate si strozza col latte, tossisce e piange. Poi perché Anna rischia di allagare il locale col latte che perde in giro. Tre, perché i primi ad essere in imbarazzo saremmo noi.

Cronaca della cena. Comunque ieri siamo ri-andati a cena, lasciando il pupo con sua zia. Alle 7 e mezza la poppata. Io arrivo a casa per le 7.45. Anna nel frattempo si era già vestita, ma non ancora truccata. Usciamo per le 8.15. Alle 8.30 siamo in un locale in zona Montenero per l’aperitivo (ok un po’ tardi per l’aperitivo, ma di solito fino alle 10 i buffet milanesi sono aperti). Entriamo in contemporanea con altre persone che sono riuscite a intercettare il cameriere un secondo prima di noi e a farsi dare il tavolo. Risultato: per un soffio ci hanno preso tutti i posti a sedere liberi. Mannaggia.

No problem, cerchiamo un altro locale. Non me ne vengono in mente altri per un aperitivo come si deve. Ormai dopo un po’ di esperienza sul campo so quelli che vanno bene e quelli da evitare. Dopo un quarto d’ora entriamo in un altro locale. Anche qui niente posti al tavolo, solo al bancone. Niente. Ci rimettiamo in scooter. Mi viene in mente un posto dove fanno insalate vicino a casa nostra (non volevamo infatti andare dall’altra parte della città, ma restare più o meno in zona). Dentro c’erano solo due persone.

Anna mi guarda e dagli occhi capisco che non va. “Ti va bene?”, le chiedo. “Ma sì, ormai siamo qua”, risponde. “Guarda che se vuoi andiamo da un’altra parte”, insisto. “Mah… è un po’ triste, ma comunque va bene”. Lei è così: non dice mai che una cosa non le va bene. Si adatta sempre a tutto. Non mi rompe mai le balle, ma se una cosa non le piace lo capisco (quasi) al volo. “Ok, dai, andiamo al ristorante, tanto è qui vicino. Eccheccazzo, usciamo una volta al mese se va bene, almeno quella volta dobbiamo essere contenti”, dico io.

In tempi di spese con un aperitivo da 8 euro a testa pensavo di cavarmela e portare a casa la cena. Che invece in tutto è costata 60. Vabé.

Entriamo al ristorante che sono le 9. Per le 10 dobbiamo essere a casa perché alla zia, pensando di fare presto, non abbiamo lasciato il solito biberon al latte materno che è invece ancora un blocco di ghiaccio in freezer. Ok, se il servizio è veloce ce la possiamo fare. Non prendiamo neanche l’antipasto per fare prima. Passiamo subito al secondo. E poi il dolce, che tanto sarà già pronto e ci mettono meno tempo a portartelo.

Risultato: cena in 45 minuti e alle 10 giuste siamo arrivati a casa per la poppata.

Morale della favola: per essere usciti tardi e anche per un po’ sfiga (ci han soffiato i tavoli sotto il naso) abbiamo rischiato di rovinarci vicendevolmente la serata con la nostra inkazzatura (che per fortuna è poi passata durante la cena). Ora, con un piccolo ciucciatore di latte materno, bisogna organizzarsi meglio. Bisogna andare fuori presto, perché non possiamo farci rimbalzare da un locale che ha tutti i tavoli pieni, e calcolare bene le poppate. Forse potremmo iniziare con l’esperimento “cena fuori in tre”. Ma anche qui ogni minuto è prezioso. E l’imprevisto sarebbe da evitare.

Ad ogni modo ci siamo goduti quella mezz’ora di cena da soli, in cui (dopo esserci rilassati un attimo) abbiamo parlato, abbiamo riso, abbiamo bevuto, (quasi) come ai vecchi tempi (ah, i bei vecchi tempi!). Anni fa dovevamo guardare l’orologio per non tornare a casa troppo tardi per non fare arrabbiare i nostri genitori. Ora che siamo genitori non dobbiamo tornare a casa tardi per non far arrabbiare nostro figlio. E’ la legge del contrappasso. Ma forse è giusto così.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto