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Pensieri di un papà

I love Milano

Duomo di MilanoMilano o la ami o la odi. E’ una città bellissima, piena di vita, di gente, di cultura e di culture. Come tutte le grandi città ha i suoi pro e i suoi contro. Difficile capirla per uno che non ci abita. Anche per chi, come me al primo anno di università, fa il pendolare. Sei sempre di corsa, per prendere la metropolitana o il treno. Attese, fermate dell’autobus. Scioperi. Una vita sempre in anticipo o in ritardo. A 22 anni ho deciso che sarebbe stata la mia città. Io, sbarbatello di provincia, ero affascinato da tutto quanto la metropoli avesse da offrire: di giorno e di notte.

Dai 20 ai 30 Milano è un paradiso. Se poi hai un lavoro che ti fa guadagnare due soldini da spenderti come vuoi, senza dover chiedere conto a nessuno, è il massimo. Aperitivi, cene, grandi eventi, tendenze, gnocca, università, business, modelle in libertà durante la settimana della moda. Incontri persone che, in una piccola città, difficilmente avresti mai potuto incontrare. gente che viene da tutta Italia e non solo. Poi dai 30 ai 40 le cose cambiano. Prima o poi metti la testa a posto, metti su famiglia, le ore piccole le fai solo quando tuo figlio ha le coliche, non più in coda per riuscire ad entrare al Plastic. A parco Sempione ci vai con tuo figlio per portarlo sulle giostre, non per prendere il fumo.

Così molti lasciano. Se hanno la fidanzata lontana, lo fanno per forza di cose. Com’è successo al mio coinquilino che si è sposato da poco in Puglia, che ha deciso di tornare per amore. Oppure come l’altro mio coinquilino che è tornato in Veneto perché la sua fidanzata era rimasta incinta. Insomma, quello che dovevi prendere da Milano ormai l’hai preso, più o meno facendo tutte le “101 cose da fare a Milano almeno una volta nella vita”.

Tanti amici della nostra età, che si stanno sposando o vogliono avere figli, stanno tornando alle loro città d’origine. Certo, vuoi mettere la comodità dei nonni? Crescere tuo figlio nei luoghi dove tu sei cresciuto. Avere una vita tranquilla e tante comodità… E sono in tanti: c’è chi, dopo aver lavorato per un decennio sotto la Madonnina, torna in Sicilia. Chi magari si sposta in una città del Nord più tranquilla. Chi spara tutte le sue cartucce nei primi anni dopo l’università e poi si dà una calmata. Chi, come due amici che avranno un bambino a dicembre, decide di tornare a vivere a Como, nella città di lei. Sei vicino a Milano per il lavoro di lui, ma c’è il lago e la città è bella.

Così io e Anna assistiamo a questa inarrestabile emigrazione e ci dispiace ogni volta che qualcuno se ne va. Anche la sua migliore amica sta cercando casa nel Varesotto. E un’altra si trasferirà in Francia con il marito. Insomma, le defezioni sono bipartisan. Come mi ha detto una volta il mio coinquilino veneto: “Tanto, quando hai un figlio, che cosa vuoi fare? La sera stai in casa. Stare in casa a Milano o in un’altra città è la stessa cosa”. Come se Milano fosse solo nightlife…

Mia mamma da sempre preme perché torni all’ovile. La posso anche capire. Mia sorella è in Germania, i miei stanno traslocando in una casa più grande con giardino e dependance annessa (fatta apposta per noi sembra). Mio zio la mena dicendo: “Ristrutturate la casa dei tuoi con le agevolazioni al 50%, Anna lavora da casa, tu fai il pendolare. Casa tua l’affitti e ci paghi il mutuo e qui la casa è gratis, metteresti via un sacco di soldi”. Il ragionamento non fa una piega. E così mi mettono la pulce nell’orecchio. Ogni volta, quando torno a casa da loro.

E sulla strada del ritorno penso: e se avessero ragione? Per loro sarebbe più comodo, il gnappo avrebbe una città più tranquilla e a misura di bambino, io sarei più tranquillo economicamente. Poi passo la barriera di Melegnano. Prendo la prima uscita che posso, di solito quella di Corvetto. E mi si apre il cuore. Perché ormai qui mi sento a casa. Preferisco dovermi appostare un quarto d’ora per riuscire a parcheggiare la macchina che uscire la domenica sera e non vedere anima viva in giro. Meglio andare al lavoro in bicicletta che dovermi trovare in coda sulla A1. Uscire di casa vestito come mi pare, piuttosto che stare attento a chi c’è o non c’è per strada, per paura che mi parlino dietro. Certo, fossi in una città di mare sarebbe un’altra cosa. Ma purtroppo non ho parenti marittimi dai quali potermi trasferire a sbafo. Neanche di terzo grado.

Ho invece la fortuna impagabile di avere accanto una donna che, per una volta, la pensa come me. Quindi per ora resistiamo, un po’ più soli quando qualcuno se ne va, ma pronti a cogliere l’occasione per rivederci quando prima o poi torneranno, magari solo per una sera. Perché a Milano, prima o poi, si torna.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto