Categorie
Pensieri di un papà

Il nostro primo giorno di scuola

Primo giorno di scuola gnappo (3)-2000
La tensione nella mani

Sapevo che anche questo giorno sarebbe arrivato. E, come sempre, prima del previsto.

Abbiamo accompagnato il gnappo al suo primo giorno di scuola. Che non mi sarei perso per niente al mondo. E ho avuto la fortuna di esserci.

[Spoiler]

Alla fine è andata discretamente bene, c’era un casino che la metà basta, ci ho capito poco, ma comunque è andata ed è stato fin troppo veloce.

[Fine spoiler]

Qualche emozione però c’è stata e il primo giorno è andato meglio degli altri…

Alle 7 il gnappo era già nel lettone, sveglio per l’ansia da primo giorno di scuola.

Quella sensazione che si prova diverse volte nella vita. “E’ come il primo giorno di scuola”. Appunto.

Arriviamo in tempo, prima che aprano i cancelli. Per fortuna c’è qualche amico dell’asilo nido con cui parlare e stemperare un po’ la tensione.

Primo giorno di scuola gnappo (1)-2000
Mano nella mano

La mandria di genitori (qualche nonno) entra con figli. Ci diamo la mano, ma poi mi rendo conto che il gnappo ormai è grande e dobbiamo darci un tono, così mi sfilo.

L'ingresso a scuola
L’ingresso a scuola

Ci mettiamo nel cortile, ascoltando le istruzioni della preside (o dirigente, come di chiama adesso). Alla mia epoca si chiamava “direttrice”.

Poi iniziano a dividere i bimbi in ordine alfabetico. Non sono ancora le vere classi, ma una specie di “prova” per poi separare le pecore dalle capre (cit.).

L’appello è lungo e noioso, soprattutto se il tuo cognome non è tra i primi.

Eravamo un po’ tutti tesi: anche Anna secondo me, che gli teneva le mani e ogni tanto lo abbracciava.

L'abbraccio
L’abbraccio

Le classi intanto si formano e dal cortile vanno dentro la scuola in fila indiana, salutando i genitori.

Ci sono gemelli e tri-gemelli.

Ci sono cognomi di tante nazionalità, dalla Cina al Marocco, dal Bangladesh all’Albania.

Ci sono bambini e genitori di tutti i tipi, tutti con la stessa emozione.

Il gnappo dopo un po’ si spazientisce, perché l’appello è veramente infinito.

Il rifugio sicuro

Speriamo che i suoi amici del nido siano in classe con lui. Siamo vicini di lettera alla fine, ma sfiga vuole che in classe con lui siano tutti sconosciuti. Mannaggia.

Ecco, sta per partire la crisi: il gnappo ha visto i suoi amici andare nell’altra classe e ha capito che non saranno con lui. Vai a spiegargli che quella non sarà la sa vera classe, ma che è provvisoria…

Inizia a protestare, sta per piangere. Ma per fortuna resiste.

Ancora mani che si toccano.

Finalmente arriva anche il suo turno.

La preside chiama il nostro cognome. Ovviamente sbagliandolo, te pareva.

Il gnappo, ormai rassegnato, va insieme agli altri. Con una faccia scura, quasi scocciato. Ci saluta, ma tanto lo rivedremo dopo neanche due ore.

Un inizio soft.

Missione compiuta. Ed è volato via, senza che neanche me ne accorgessi.

Me lo immaginavo diverso il suo primo giorno di scuola.

Invece è passato tutto quasi troppo in fretta. Quei passi, da noi ai suoi nuovi compagni, sono stati fin troppo veloci.

Solo un passaggio da noi, a una fila di compagni prima di entrare dal cortile al corridoio, scortati da due maestre.

Niente banchi, niente maestre da salutare, niente di niente. Il mio primo giorno di scuola era stato diverso, ma anch’io non avevo compagni dell’asilo in classe.

Incrocio le dita e fuggo al lavoro.

Verso mezzogiorno mando un WhatsApp ad Anna.


“Il gnappo è uscito tranquillo e la prima cosa che mi ha detto è stata: ho pianto due volte!!”.

Sipario.

Che si apre su una nuova esperienza di vita.

Follow up, i giorni seguenti

Se il primo giorno è andato quasi bene, gli altri un po’ meno.

A parte l’ansia crescente e la tensione che si traducono sempre in quell’inspiegabile disturbo psicosomatico della “cacca molle mattutina”, compresa di mal di pancia – avete presente prima di un esame? – ha pianto anche gli altri giorni.

Praticamente quasi tutti i giorni un piantino l’ha fatto. Si sente spaesato e tu hai voglia a dargli sicurezza. Il cervello va in cortocircuito a volte.

Ieri non ha neanche mangiato a scuola perché aveva mal di pancia. Mi ricordo che anch’io prima di andare a scuola facevo sempre la cacca.

Poi in quarta elementare ho cambiato maestra (che mi incuteva meno timore) e ho smesso.

“La cacca parte dal cervello, mica dall’intestino”

Questa è mia, se la copiate citate la fonte. 😀

E comunque prima di prendere il via ci vuole un po’. Dalla prossima settimana formeranno le classi definitive. Questo limbo, in cui ogni giorno è diverso dall’altro, intanto lo destabilizza non poco.

“Hai i suoi tempi”, mi dico, come tutti.

Speriamo che prenda il giro presto e che tutto proceda.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto