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Noi quattro

Nella nuova scuola di luglio

Altro giro altro regalo.

Oggi i gnappi hanno iniziato la scuola estiva, aka il centro estivo.

A Milano funziona così: molti asili chiudono e a luglio le classi vengono accorpate in alcune scuole che rimangono aperte.

Stamattina è stato il loro primo giorno nella nuova scuola. Visto che tutti e due sono abitudinari come pochi, già temevamo l’impatto.

Stamattina è toccato a me portarli entrambi. E non è stato facile. Emotivamente parlando.

Per la prima volta siamo andati in macchina perché:

  • pioveva
  • sta nuova scuola è in culo ai lupi rispetto a casa nostra

Già il gnappo era sul chivalà con un sacco di domande del tipo: “Perché andiamo in macchina?”. “Ma io sarò ancora nei gialli?” (che era la sua classe estiva dell’anno scorso che ancora si ricorda, patato…). “ma dov’è la nuova scuola?”.

Insomma, anche se è solo per 15 giorni il cambiamento per loro c’è.

(Aperta parentesi) La tenerezza assoluta è arrivata l’altro giorno però. Quando il gnappo, già pensando (e preoccupandosi) per la nuova scuola ha detto un pensiero a voce alta:

“Uffa, ma che brutto che adesso non ci sono i miei amici!!!”.

E The Second, che è veramente sempre sul pezzo gli ha risposto:

“Ma ci sono io!!”.

Per la serie: ma di che ti preoccupi, ci sono io a farti compagnia in classe, non hai mica bisogno di altri.

Loro sono davvero unitissimi e, oltre a menarsi e a farsi i dispetti, si vogliono un bene dell’anima. (Chiusa parentesi)

Il punto però in realtà è questo: siccome l’anno scorso vedevamo che mettevano i fratelli nella stessa classe e visto che una loro maestra ci aveva rassicurato a riguardo siamo andati sereni (#Fedestaisereno).

Così, a tutti i loro dubbi e paure sulla nuova scuola (soprattutto del gnappo) abbiamo sempre risposto così: “Ma state tranquilli, è solo per 15 giorni e poi sarete in classe insieme!”.

Questa cosa dello stare in classe insieme, anche se per poco, li gasava non poco. Era un pensiero che li metteva tranquilli e li rendeva felici.

Così, stamattina, quando entro con loro nella nuova scuola, cerco su uno dei quattro tabelloni il nostro cognome, mi aspettavo di vederli uno sotto l’altro.

Niente da fare.

In quel momento mi è passata la vita davanti più o meno.

Ho cercato di dissumulare ovviamente.

Come se avessi stamattina una specie di amnesia, o strano morbo che ti fa dimenticare tutto quello che gli abbiamo detto nelle settimane prima.

Come se tutte le volte che gli ho detto: “Ma tranquilli, sarete in classe insieme” fosse stato un alieno che si era impossessato del mio corpo.

Come se mi fossi rincoglionito tutto d’un botto insomma.

“Ah, ma guarda, tu sei nei blu e tu nei rossi!”. “Ah, ma che bello!”. “Dai dai, andiamo a vedere dove sono le vostre nuove classi”. Sorriso tirato.

Le loro facce non vi dico. Neanche loro capivano bene cosa stesse succedendo.

Senza neanche pensarci – senza avere il tempo di capire bene chi mollare prima in una classe, senza pensare a cosa sarebbe stato meno traumatico insomma – quasi come un ubriaco porto The Second nella sua classe.

“Ecco la tua classe! Che bella!”. Ehm.

Dai dai, mettiamoci le scarpine pulite così poi puoi andare subito a giocare.

E, quello sguardo, io non me lo dimentico.

Lo sguardo di The Second che, anche se è una roccia e un Caterpillar, in quel momento mi ha guardato sconsolato.

Ma veramente sconsolato.

Senza piangere, ma le lacrime se l’è tenute dentro, per poi farle uscire quando io e il gnappo abbiamo girato l’angolo.

Porca mignotta!

“Ma scusi, io pensavo li metteste insieme…”, ho detto sommessamente alla maestra che, come risposta, mi ha fatto una supercazzola il cui senso era tipo: “E’ così e basta”.

Poi porto il gnappo nella sua classe. Che invece, essendo grande e avendo come maestra a luglio una delle sue due maestre, ha ammortizzato meglio il cambiamento.

Sembrava quasi tranquillo, non ha fatto particolari storie.

Poi, preso dal rimorso, provo a sbirciare nella classe di The Second che era ancora in braccio alla sua nuova maestra.

Modello cozza.

Mestamente ho preso la porta di uscita per andare al lavoro.

Non mi è rimasto che sfogarmi con Anna su WhatsApp.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto