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Pensieri di un papà

Non voglio andare a scuola

Sono passati due mesi ma è ancora crisi nera. #scuola

Sono due mesi esatti che il gnappo ha iniziato la scuola.

Prima con una specie di inserimento e dopo una settimana con la sua classe e le sue maestre.

E la mattina quando Anna lo porta a scuola piange ancora.

Io non so se è normale…

Premesso che da vicino nessuno è “normale” e la normalità non esiste, però non so se iniziare a preoccuparmi o far come se niente fosse.

Il gnappo ha l’ansia. Ma un’ansia grande, più dell’ansia che avevo io quando ero piccolo quando ero un bambino ansioso.

Per la mia (ex) ansia ho trovato anche un capro espiatorio, anzi, una capra: mia mamma.

Che tra “stai attento”, “non far qui”, “non far là”, credo abbia contribuito in maniera considerevole all’accrescimento della mia ansia infantile.

Poi, sui vent’anni, quando me ne sono andato di casa (niente di traumatico eh…) a farmi la mia vita (sempre sia lodato il giorno in cui ho fatto le esperienze che ho fato lontano da casa) questa ansia è diminuita.

Non è sparita del tutto, c’è ancora per le cose giuste per cui avere ansia (un’esame all’università? un colloquio di lavoro?) ma è diventata molto molto più gestibile.

Il gnappo ora vive di ansia.

E quando succede qualche imprevisto, apriti cielo.

Tipo quando, per un errore delle maestre, dopo la scuola si è trovato a non sapere dove andare e con chi andare.

In realtà doveva andare ad Aikido accompagnato da loro, ma essendo lui timido e poco pro-attivo (ho sempre sognato di scrivere pro-attivo in un post…) è rimasto in balìa degli eventi.

Ovviamente mettendosi a piangere sconsolato.

E, ogni settimana, dicendoci tutte le volte: “Io non voglio andare ad Aikido!!”.

Ma lo dice tipo il giovedì quando Aikido è il martedì dopo. Per dire. Lui pensa ad Aikido e si fa venire l’ansia 6 giorni prima.

E non serve spiegargli in aramaico che c’è la mamma adesso, tutte le volte, che lo aspetta e lo saluta, che basta dire alle maestre che lui ha Aikido e che ce lo portano loro ecc. 

No, lui spegne il cervello, non ascolta, e si fa venire l’ansia.

Idem per quanto riguarda il suo rapporto con le maestre in classe.

“Mi sgrida sempre”, dice di una in particolare.

Ma secondo me confonde il correggere con lo sgridare.

“E’ normale che la maestra ti corregga, lo fa perché è brava e perché tu devi imparare”, dico io.

“Le maestre le hanno inventate per insegnare, mica per fare le coccole, per quello c’è la mamma”, aggiungo, cercando di rivalutare il ruolo delle docenti di ruolo della scuola pubblica tanto vituperate.

Ma lui non ascolta e si fa venire l’ansia.

Il mantra, tutte le sere quindi è: “Non voglio andare a scuola!”.

E allora leggi la storia di Pinocchio alla sera per fargli capire come finiscono quelli che non vanno a scuola.

Spiegagli che se non lo mandiamo a scuola, essendo questa scuola dell’obbligo, le maestre chiamano i carabinieri e ci tolgono la patria potestà.

Tutto inutile.

Io ci provo a vestire i panni del pedagogo di ‘stacippa, del papà che sa come si fa, di quello che riesce a convincere il figlio e a fargli cambiare idea.

Mavalà. In due mesi è servito a niente.

Che poi quando esce da scuola e gli chiedi come è andata lui ti dice: “Benissimo!”. E sembra convinto anche.

Poi verso l’ora di cena l’ansia comincia a salirgli e la mattina dopo scoppia in lacrime.

Fuori e (immagino) anche dentro la scuola.

Poi una delle maestre con cui abbiamo parlato dice che va tutto bene, che è bravo e non sembra avere problemi.

Sarà… Se lo dice lei meglio così. Anche se lui non ha paura di lei, ma più delle altre due.

Obiettivo adesso è arrivare fino a Natale.

Perché se lui è abitudinario, per fargli prendere l’abitudine di andare a scuola qua arriviamo a Pasqua almeno con questi pianti.

Ma portiamo pazienza. Tanto sono solo 5 anni.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto