E’ un po’ che non parlo del gnappetto. Quello là sta crescendo in men che non si dica e quando guardo le foto di un anno fa mi chiedo come abbia fatto in così poco tempo a cambiare così tanto. Quello lì è un bel tipetto. Eh sì, c’ha le sue idee. A un anno e mezzo. Ieri una nonna perfetta (oltre le “mamme perfette”, esistono anche le “nonne perfette” e sono ancora più temibili delle figlie perfette) al parchetto mi ha detto: “Uh che bello, quanto ha? Un anno?”. Volevo sprofondare.
Ma a parte le dimensioni ridotte, i capelli che sono più o meno ancora quelli di un neonato, i denti che si sono fermati a sei (quattro sopra e due sotto) e l’afasìa (a un anno e mezzo neanche dice mamma, se non a caso, quando capita) è un bel fagotto. Un barattolo, come lo chiamano all’asilo, dove adesso che c’è caldo lo lasciano col body smanicato e i pantaloni ascellari alla Fantozzi. E’ un bel tomino quello lì. Mangia un po’ di più dei mesi scorsi, ma non è un mangione. Più che altro è un beone: beve giorno e notte dalla sua bottiglietta, che in due minuti riesce a far fuori, sempre che l’acqua non gli vada di traverso. Il sonno è sempre un miraggio. Si sveglia ancora, di media, se va bene, un paio di volte. Se va male, molte di più. Con una, stappiamo lo champagne.
All’asilo è il cocco. E’ il preferito di ben due maestre che vengono cazziate dalla terza perché spudoratamente stravedono per lui. Adesso quando lo accompagniamo la mattina e lo lasciamo nelle mani della maestra, piange. Di default. Prima non lo faceva. Da quando lo abbiamo lasciato dai nonni una settimana, non c’è giorno che non si faccia il piantino. Che dura due secondi, ma quasi è diventato un rito. Lo fa apposta anche quando lo andiamo a prendere: lui gioca tranquillo, ci vede, e inizia a piangere. Della serie: “Ho pianto ininterrottamente per 7 ore, non mi credete?”. Piccola canaglia. Piange anche quando lo mettiamo sul fasciatoio per cambiargli il pannolino. Non so perché, prima non lo faceva. Si divincola come un’anguilla quando cerco di rivestirlo.