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Pensieri di un papà

Parchetti d’Italia e cinture allacciate

Quando qualcuno mi scrive via mail per segnalarmi qualche iniziativa mi fa piacere. Prima di tutto perché vuol dire che mi hanno trovato in qualche modo, cercando qua e là nel web e poi perché mi fa piacere, nel mio piccolo, dare voce a cose che reputo interessanti.

Progetto parco giochi
welcome_my_playgroundLa prima riguarda un posto dove ormai mi ritrovo a passare un bel po’ di ore alle settimana. Il parco giochi. Mi ha scritto Mary (mamma di Riccardo e Alberto, di Reggio Emilia) per segnalarmi un suo interessante progetto. In questi mesi sta lavorando ad un’idea che le è venuta dopo un viaggio tra Stati Uniti e Canada. “I playgrounds – mi scrive – i nostri parchi giochi, che all’estero sono spesso originali, segnalati e ben tenuti, nel nostro bellissimo Paese purtroppo sono spesso trascurati, anonimi, uguali gli uni agli altri e non ci sono informazioni sul loro posizionamento o dotazione”.

“Io credo il parco giochi possa rappresentare una buona soluzione sia per fare giocare il bambino quando è in viaggio con mamma e papà sia per dare l’opportunità al bambino di giocare e al tempo stesso allenare creatività, fisico, relazioni.. non c’è bisogno di trascorrere un’intera giornata a Gardaland o in un mini club, spesso la soluzione potrebbe essere dietro l’angolo”.

E come darle torto? Come faremmo se non ci fossero nelle nostre città i parchetti dietro casa? Anch’io, ogni volta che vado a prendere il gnappo all’asilo mi ci fiondo per almeno un’ora e mezza. Almeno per arrivare a tirare all’ora di cena. Magari passando prima al supermercato a fare la spesa se c’è tempo.

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Io lei e l'altro

Un pomeriggio all’insegna dell’ottimizzazione

bagno papà bimbi ikeaLa parola d’ordine da un po’ di tempo a questa parte è “ottimizzazione”. Cerco di ottimizzare il più possibile. “Io e Annie”  ci siamo trovati a casa alle 4 e dovevamo andare a prendere il gnappo all’asilo. Verso sera le avevo promesso che avremmo fatto un salto all’Ikea per comprare un tappeto da mettere in soggiorno. Da qualche giorno incombeva anche un giro in qualche outlet per comprare la roba invernale del nano.

Ho il guizzo: “Facciamo così, vai tu a prenderlo al nido, io finisco due cose, poi vengo in macchina a recuperarvi. E’ presto e quindi possiamo andare anche all’outlet, poi all’Ikea e cenare là”. Ottimizzazione, ovvero guadagnare sui tempi e sugli spostamenti.  E possibilmente anche un po’ di dindi. Ecco la mia nuova way of life.

Così li raggiungo davanti all’asilo. Parcheggio la macchina davanti a un passo carrabile. Il portinaio mi cazzia subito: “Faccia il favore, me la sposti”. “Guardi che non devo scendere, rimango su”, provo a spiegargli. “Ah, scusi, pensavo dovesse andare a prendere suo figlio!”, mi dice. “No, c’è già mia moglie, non si preoccupi”. Mi cazzia sempre quel portinaio lì, per qualsiasi cosa. Anche per il passeggino sulla moquette per arrivare alla porta dell’asilo.

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Pensieri di un papà

Lacrime e sangue, il suo primo prelievo (e il mio)

Attenzione: questo post descrive le emozioni di un papà che ha assistito al primo prelievo di sangue di suo figlio. Non è adatto a persone sensibili, impressionabili, facilmente emozionabili o a chi dà fastidio il sangue. Si consiglia la lettura ad un pubblico adulto e consapevole.

prelievo sangue bimbo ambulatorio bambinoSono ancora un po’ scosso. E c’ho pure le balle girate. Stamattina siamo andati a fare il prelievo del sangue al gnappo per vedere se ha la celiachia. Ma andiamo con ordine.

Prequel: risparmiare oppure no?
L’esame ce l’aveva consigliato il pediatra privato, da cui andiamo ogni tanto visto che per beccare quella della mutua nel momento del bisogno bisogna avere la fortuna di ammalarsi i lunedì, mercoledì o venerdì mattina, prima delle 8. Perché poi è irreperibile visto che inizia con il giro di visite in ambulatorio. E se il gnappo mi si ammala il venerdì pomeriggio chi chiamo? Il mago Zurlì? Almeno l’altro è sempre reperibile al cellulare e per un genitore col figlio malato che vuole un consulto, o soltanto un suggerimento, non è male.

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Pensieri di un papà

Una serata tra papà centrati

mostra nella pancia del papà milanoPer la prima volta ho incontrato dal vivo altri papà conosciuti sul web. La convocazione è arrivata da Massimo di Papà al centro che insieme a Stefano e ad altri papà sta organizzando un evento gratuito a Milano dal 20 al 29 settembre, tutto dedicato a noi. Ci sarà una mostra a tema, due spettacoli teatrali, laboratori e letture per bambini e tre incontri per grandi. Una settimana per tenere accesi i riflettori sulla figura paterna all’interno della famiglia. Al primo incontro, sui “papà web attivi” sono stato invitato anch’io insieme ad altri padri blogger. Miiiii, non ci posso credereeeee.

Così per iniziare a fare squadra e buttare giù idee ci siamo trovati davanti a una birra in un bar in zona Rogoredo. Ed è stata una piacevolissima serata, con tante chiacchiere “tra uomini” (o meglio “tra papà”) e scambio di idee ed episodi di vita familiare. In ordine alfabetico Alberto, Andrea, Lorenzo, Massimo, Stefano e Vittore (di Ilmiosuperpapà). A settembre sarà con noi all’incontro anche El Gae. Alla serata tra papà ha partecipato telefonicamente anche qualche mamma. Tante le telefonate arrivate mentre stavamo chiacchierando: “Che fai? Quando torni a casa?”. Un classico. Belle voi. Per i più fortunati come me invece, le dolci metà erano in vacanza.

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I love Milano

Duomo di MilanoMilano o la ami o la odi. E’ una città bellissima, piena di vita, di gente, di cultura e di culture. Come tutte le grandi città ha i suoi pro e i suoi contro. Difficile capirla per uno che non ci abita. Anche per chi, come me al primo anno di università, fa il pendolare. Sei sempre di corsa, per prendere la metropolitana o il treno. Attese, fermate dell’autobus. Scioperi. Una vita sempre in anticipo o in ritardo. A 22 anni ho deciso che sarebbe stata la mia città. Io, sbarbatello di provincia, ero affascinato da tutto quanto la metropoli avesse da offrire: di giorno e di notte.

Dai 20 ai 30 Milano è un paradiso. Se poi hai un lavoro che ti fa guadagnare due soldini da spenderti come vuoi, senza dover chiedere conto a nessuno, è il massimo. Aperitivi, cene, grandi eventi, tendenze, gnocca, università, business, modelle in libertà durante la settimana della moda. Incontri persone che, in una piccola città, difficilmente avresti mai potuto incontrare. gente che viene da tutta Italia e non solo. Poi dai 30 ai 40 le cose cambiano. Prima o poi metti la testa a posto, metti su famiglia, le ore piccole le fai solo quando tuo figlio ha le coliche, non più in coda per riuscire ad entrare al Plastic. A parco Sempione ci vai con tuo figlio per portarlo sulle giostre, non per prendere il fumo.

Così molti lasciano. Se hanno la fidanzata lontana, lo fanno per forza di cose. Com’è successo al mio coinquilino che si è sposato da poco in Puglia, che ha deciso di tornare per amore. Oppure come l’altro mio coinquilino che è tornato in Veneto perché la sua fidanzata era rimasta incinta. Insomma, quello che dovevi prendere da Milano ormai l’hai preso, più o meno facendo tutte le “101 cose da fare a Milano almeno una volta nella vita”.

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Io lei e l'altro

Depression, bici, festa della mamma, kebab

kebab piattoSabato avevo il morale a terra. Ero stanco. Col gnappo che si svegliava a ripetizione di notte e gnolava tutto il giorno. Abbacchiato, quasi depresso. Triste. Ecco, la parola giusta è triste. Per fortuna non mi capita spesso, anzi, è quasi un’eccezione. Mi conosco, e quando mi succede non mi faccio prendere dal panico. Mi tengo la tristezza, mi ci macero un po’, e poi la lascio passare. Aver dormito un paio d’ore sabato mattina ovviamente ha aiutato.

In questi momenti avere una persona come Anna vicino è una benedizione. Perché se all’inizio, non capendo cosa avessi, mi ha cazziato (“Se stai così tutto il week end è meglio che torni dai tuoi e ci lasci da soli”), poi ha capito il mio abbacchiamento e mi ha coccolato un po’. Eh sì, anche noi papà abbiamo bisogno di coccole quando abbiamo il morale a terra.

Il motivo della tristezza ancora non l’ho capito. Sicuramente mancanza di sonno e un po’ di frustrazione per non essere riuscito a calmare il gnappo nei suoi ripetuti pianti. Se prima ero un maestro nella caccia al tesoro notturna del ciuccio e del riaddormentamento con carezzine sulla schiena, adesso la tecnica non basta più. Neanche riesco a mettergli il ciuccio in bocca o a dargli l’acqua. S’incazza e piange di più. E quando è la quinta o sesta volta nel cuore della notte che succede, bè, non è il massimo della vita diciamo.

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Il Fuorisalone per i bambini

manichini salone del mobileA Milano è tempo di Fuorisalone. Gente in giro, giovani e meno giovani con gli occhialoni dalla enorme montatura nera, caschetti modellati da Aldo Coppola, hipster, Napster, pantaloni attillati e All Star con le borchie, una selva di iPhone e iPad pronti a immortalare il tuo profilo peggiore da mettere su Istagram alla velocità dei neutrini. E poi un sacco di traffico in giro, ma anche una città più viva, con locali aperti, performance in strada, eventi un po’ ovunque.

Ieri sera con un gruppo di amici mi sono tuffato così, senza meta, sotto una pioggerellina rompicoglioni, tra le vie del centro alla ricerca di un po’ di cibo e vino a scrocco. Sì perché alla fine, al di là del design e delle tendenze fuffa, il Fuorisalone è anche quello. Girovagare dove c’è gente, imbucarsi da qualche parte e perché no, portare a casa l’aperitivo o la cena senza tirar fuori un euro.

Per chi non avesse le idee chiare sulla distinzione Salone-Fuorisalone, ecco un breve resumé: una settimana all’anno a Milano c’è il Salone del Mobile. Che si svolge alla fiera di Rho-Pero. Nel nulla praticamente. Quello è il vero salone, quello ufficiale, dove trovare le ultime creazioni di designer tipo Philippe Starck o Jean Nouvel, gente che col marketing e le buone intuizioni s’è fatta i milioni. Chapeau. E poi c’è il Salone Satellite, una specie di Salon des refusés contemporaneo dove i giovani designer, quelli non famosi per intenderci, espongono le loro creazioni. Dicono sia interessante, peccato che io non ci sia mai andato, né al SdM né al Ss (abbreviazione infelice, pardon). Sono stato invece un paio di volte al Fuorisalone che è praticamente quell’ “evento diffuso” (questa devo averla sentita da Anna) con una miriade di inaugurazioni, presentazioni, concerti, happening ecc., sparsi per la città.

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Open day e graduatorie negli asili nido comunali

asilo nido comunaleVisto che l’anno scorso non siamo riusciti ad entrare nella famigerata graduatoria, quest’anno ci vogliamo riprovare. Casa nuova, zona nuova, asili comunali nuovi. E come migliaia di genitori milanesi siamo andati ai temibilissimi “open day” per vedere i nidi di Pisapia. Per riuscire ad entrare in graduatoria bisogna più o meno avere nell’ordine: 10 figli in età pre-scolare, un lavoro full time, una casa a 50 metri dall’asilo.

I criteri tutto sommato hanno un senso. Almeno i primi due. Noi, avendo solo un gnappo, partiamo già svantaggiati. Per il lavoro siamo entrambi a partita Iva. Quindi? E’ come un full time? Contiamo meno di zero come per tutto il resto, oppure ci date una chance? Poi, a quanto ho capito, il punteggio varia anche in base alla distanza della residenza: al più vicino 10 punti, al medio 5 punti, al più lontano 0 punti. Quindi, o tentiamo in quello più vicino a noi, o aspetta e spera.

Nell’ordine di visita agli open day siamo partiti dal nido più “lontano”: 500 metri o giù di lì. Open space diviso con mobiletti, tende e roba varia dove i bambini sono divisi in tre gruppi per fasce d’età: 20, 20 e 20. Tutto sommato, quella location che faceva tanto post-industrial (non so cosa vuol dire, ma fa figo come termine), ci è piaciuta. Ovviamente passano anni luce, nell’arredamento soprattutto, dagli asili privati, almeno per quello che abbiamo visto noi. Se infatti nidi privati hanno la parvenza di essere degli asili, cioè entrano nel concetto di “asilo” che è nel mio immaginario, i comunali sanno un po’ di scuola superiore adattata per i più piccoli. Nel senso: avete presente i mobili con le targhette con l’inventario del Comune? Edifici vecchi e un po’ decadenti? Più tristi insomma, ma comunque, a loro modo, accoglienti.

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Una nuova avventura sul tram per lo shopping tra uomini

L’abbiamo rifatto. Altro giro sul tram in due, questa volta però, vista l’esperienza dell’altra volta, ho messo il gnappo nella fascia. Riesco a portarmi dietro (quasi) tutto il necessario: borraccia con acqua nella tasca laterale sinistra, suo giochino da mordere nella tasca frontale destra, cappellino e chiavi di casa nell’altra, portafoglio e cellulare dietro, occhiali da sole in testa e ovviamente, last but not least, il gnappo nella fascia.

Non riesco a portarmi dietro un pannolino di cambio, ma spero sempre nella buona sorte che non la faccia quando siamo fuori. Finora ci è andata bene.

Così, leggeri e marsupiati, manco fossimo due protagonisti maschili di Sex and the City, siamo andati a fare shopping in centro. Prima a prendere le capsule della Nespresso che avevamo finito da mesi. Oltre all’escursione termica (30 gradi in strada e -18 nel negozio, speriamo che nessuno si ammali!) è imbarazzante la gentilezza con cui ti trattano i commessi. Praticamente ti salutano quando ancora sei in strada e si sprecano in un sacco di convenevoli. Talmente tanti che ti senti quasi preso per il culo.

Poi, tanto per fare quelli un po’ fashion e per vedere un po’ di gnocca, siamo andati a comprare le mie scarpe in via Montenapoleone.

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Il viaggio della speranza sul tram anti-passeggino

Altro esperimento riuscito. Portare il gnappo in tram. Ma non per un viaggio breve. Praticamente da una parte all’altra di Milano, per andare a fare un aperitivo con il mio ex coinquilino che si è trasferito a Taranto e che era di passaggio per andare a prendere l’aereo a Linate.

Così, per la pigrizia di non spostare la macchina e per la voglia di superare nuove sfide (oltre che per lasciare Anna un po’ in pace a lavorare in casa), mi sono avventurato con passeggino lungo la linea 14/12 da viale Cenisio a corso XXII Marzo.

Passa il tram 14. Verde, nuovissimo, senza neanche un gradino da dover salire per entrare. Perfetto per passeggini, culle, carrozzine, carrelli della spesa, tricicli. Peccato che non fosse il mio. Me ne passano due davanti, quasi per sfregio. Poi dopo 5 minuti arriva il mio 12.

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Anche Mosé odiava i passeggini

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Nuova uscita a cena, è la legge del contrappasso

Le uscite serali in due non sono più come quelle di una volta. Ora c’è da calibrare tutto al minuto. Da quando è nato il gnappo, in quasi due mesi, siamo usciti a cena due volte, senza portarcelo dietro. Non male, ma l’esperimento a 3 è rimandato a data da destinarsi.

Pensavamo che portarlo con noi in un locale non sarebbe stato un problema. Pensavamo di abituarlo fin da subito a stare un po’ in mezzo alla gente, così da non essere troppo vincolati alla casa. E invece finora ci siamo fatti un po’ di scrupoli e le due uscite serali fatte sono state possibili grazie ai baby sitters familiari (prima i miei suoceri e poi mia sorella) che sono rimasti a casa con il piccolo mentre noi ci siamo goduti queste serate dal gusto un po’ revival.