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Pensieri di un papà

Undici anni di gnappo

A parte quella specie di ovo sodo dentro, che non va né in su né in giù, ma che ormai mi fa compagnia come un vecchio amico…

È così.

Questo dovrebbe essere un post per celebrare l’11esimo compleanno del gnappo, scritto 8 mesi dopo l’ultimo post per il mio di compleanno.

Dovrei essere contento, scrivere uno di quei post simil-strappalacrime per ricordare i bei vecchi tempi.

Invece no.

È un post che inizia con quell’ovo sodo dentro, che non va né in su, né in giù…

Domani è l’11esimo compleanno del gnappo.

Ma sinceramente non so se gli farò gli auguri.

Sono stanco, molto stanco.

Di ripetere le stesse cose da anni. Di non vedere progressi. Di non trovare la calma, la pazienza, il modo per essere un buon papà.

Alla vigilia del suo compleanno gli ho spento la luce e lui è di là nel suo letto a piangere, prima di addormentarsi, nell’ultimo giorno di vacanza.

Io e Anna lo conosciamo abbastanza. Sappiamo della sua instabilità comportamentale quando è in ansia prima di tornare a scuola.

Cerchiamo di assecondarlo in qualche modo.

Non è quello che mi butta così giù.

Con noi lui dà il peggio di sé. Adorabile fuori, in casa l’opposto.

Ma non è neanche questo che mi butta così giù.

Mi sfinisce essere allo stesso punto, non vedere miglioramenti, ma soprattutto rapportarmi con un ragazzino che ha mille qualità e mille difetti, ma il cui difetto più grande è quello di non voler accettare la realtà.

“Non è vero”.

Un modo di rimuovere la realtà.

Un mix di orgoglio o di non so cosa, che rende davvero difficile il tutto.

Dare sempre la colpa agli altri. Non rendersi conto delle proprie azioni e delle proprie parole.

Pensare di avere sempre ragione.

Un carattere difficile dentro casa, adorabile fuori.

Così, anche oggi pomeriggio, di ritorno dalla montagna dopo una bella settimana di vacanza, è scattata la punizione per una bestemmia detta mentre giocava a Fifa23.

Il Nintendo Switch è finito in soffitta.

Ma oltre la bestemmia detta da un undicenne che gioca a Fifa, su cui stenderei un velo pietoso, quello che fa male è il non riconoscere l’errore.

Non una scusa.

Non un’ammissione di colpa.

Solo un “non è vero”.

Così, dalle sei di oggi pomeriggio quell’ovo sodo non va né su né giù.

Ed è difficile da mandare via.

Soprattutto quando lui sembra non capire perché io a tavola non ho aperto quasi bocca.

Perché faccio fatica a guardarlo negli occhi.

Perché mentre prova in qualche modo ad avvicinarsi e ad abbracciarmi io mi scanso.

Un mondo parallelo nella sua testa, come se nulla fosse successo.

Come se la colpa fosse degli altri che lo rimproverano.

Come se l’orgoglio gli impedisse di chiedere scusa. Di rendersi conto di cosa fa e dice.

Un mondo parallelo consolatorio che si scontra con quello reale, evidentemente così difficile per lui.

Le sue difficoltà sono le mie difficoltà.

A capire cosa fare e cosa non fare. Cosa dire e cosa non dire.

Mi sono sempre illuso di capire i suoi stati d’animo, il suo carattere. Ma ci sono tante cose che invece non so, di lui e di me.

Non è mai facile riprendere la scuola, il lavoro, dopo le vacanze.

Non lo è per nessuno.

Quest’anno, lo sarà ancora di più credo.

Perché non so quando mi passerà questa stanchezza interiore. Questa delusione che non posso far finta non ci sia.

Questo sentirmi offeso.

Questo senso di colpa per non avere neanche voglia, domani, di fargli gli auguri di buon compleanno.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto