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Io lei e l'altro

La “fase schiaffi”, speriamo passi presto

bud spencer schiaffiE’ un po’ che non parlo del gnappetto. Quello là sta crescendo in men che non si dica e quando guardo le foto di un anno fa mi chiedo come abbia fatto in così poco tempo a cambiare così tanto. Quello lì è un bel tipetto. Eh sì, c’ha le sue idee. A un anno e mezzo. Ieri una nonna perfetta (oltre le “mamme perfette”, esistono anche le “nonne perfette” e sono ancora più temibili delle figlie perfette) al parchetto mi ha detto: “Uh che bello, quanto ha? Un anno?”. Volevo sprofondare.

Ma a parte le dimensioni ridotte, i capelli che sono più o meno ancora quelli di un neonato, i denti che si sono fermati a sei (quattro sopra e due sotto) e l’afasìa (a un anno e mezzo neanche dice mamma, se non a caso, quando capita) è un bel fagotto. Un barattolo, come lo chiamano all’asilo, dove adesso che c’è caldo lo lasciano col body smanicato e i pantaloni ascellari alla Fantozzi. E’ un bel tomino quello lì. Mangia un po’ di più dei mesi scorsi, ma non è un mangione. Più che altro è un beone: beve giorno e notte dalla sua bottiglietta, che in due minuti riesce a far fuori, sempre che l’acqua non gli vada di traverso. Il sonno è sempre un miraggio. Si sveglia ancora, di media, se va bene, un paio di volte. Se va male, molte di più. Con una, stappiamo lo champagne.

All’asilo è il cocco. E’ il preferito di ben due maestre che vengono cazziate dalla terza perché spudoratamente stravedono per lui. Adesso quando lo accompagniamo la mattina e lo lasciamo nelle mani della maestra, piange. Di default. Prima non lo faceva. Da quando lo abbiamo lasciato dai nonni una settimana, non c’è giorno che non si faccia il piantino. Che dura due secondi, ma quasi è diventato un rito. Lo fa apposta anche quando lo andiamo a prendere: lui gioca tranquillo, ci vede, e inizia a piangere. Della serie: “Ho pianto ininterrottamente per 7 ore, non mi credete?”. Piccola canaglia. Piange anche quando lo mettiamo sul fasciatoio per cambiargli il pannolino. Non so perché, prima non lo faceva. Si divincola come un’anguilla quando cerco di rivestirlo.

E poi tira schiaffi. Ancora. Nonostante tutti i tentativi per farlo smettere, con le buone e con le cattive. Niente, lui, quando gli girano le balle, ti dà una centra. Sciaff. Quando meno te l’aspetti, tra l’altro. L’ultima mi è arrivata stamattina. Erano le 8 e mi ero addormentato solo verso le 4 perché, dopo aver lavorato fino a tardi ed aver toccato il letto alle 2.30, Anna aveva la tosse. Ma di quelle tossi bastarde che non ti mollano nonostante le medicine. Così sono andato a dormire il camera del nano, sulla brandina, perché faceva meno casino lui che russa come una sega elettrica, della mia dolce metà che tossiva. Il che è tutto dire. Dalle 4 alle 8 si è svegliato piangendo un paio di volte. Quando è suonata la sveglia volevo morire.

Vado a fare colazione al volo perché mi sono alzato con la seconda serie di squilli del cellulare. Alla prima sveglia non ce l’ho fatta. Poi vado in camera sua, e, siccome eravamo un po’ in ritardo, gli dò una sveglia un po’ brusca, alla sergente Hartman di Full Metal Jacket (magari, non vedo l’ora, in realtà gli ho solo alzato le tapparelle). Visto che lui alla mattina è catatonico, l’ho preso subito in braccio. Appena ha ripreso i sensi, mi ha mollato un ceffone. Tiè.

Ha una memoria da elefante. Una volta lo avevo sgridato al mattino, proprio perché mi aveva tirato uno schiaffo mentre gli facevo fare colazione. Alla sera, come sempre, era tutto contento quando mi ha visto rientrare. Quando mi sono avvicinato però si è ricordato che lo avevo sgridato e mi ha dato un altro schiaffo di benvenuto. Il sottotesto era: “Pensavi che mi fossi dimenticato? Dobbiamo fare i conti io e te”. Nano vendicativo che non sei altro. Idem una volta sul fasciatoio. Dopo vari capricci alzo la voce. Lui si calma, poi, appena tornato il sereno molla uno schiaffo. “Come ti permetti di alzare la voce con me papà?”, diceva lo sguardo incazzoso. E in qui momenti devo tenere a bada la mia voglia di disintegrarlo.

Tira schiaffi anche agli oggetti: in particolare alla pianta di casa (uno spatifillum highlander che è ancora vivo dopo tre anni nonostante i vandalismi gnappo e la mancanza di cure da parte mia e di Anna) e piatto e bicchiere quando non vuole più mangiare. Per evitare disastri sul pavimento devo avere i riflessi pronti di Ed Warner, il portiere di Holly e Benji.

Una sera ero a cena con altri papà. “Ma anche i vostri figli vi schiaffeggiano?”, ho chiesto. Due su due mi hanno risposto di sì. “E’ una fase, vedrai che passerà”. Eccallà. La fase schiaffi. Che sta durando ormai da diversi mesi. Anche qui, incasso – sgrido quando serve – e porto pazienza. Passerà.

A parte questo è un gran simpaticone. Grandi risate con lui. E tutto sommato, oltre ad essere un gran ruffiano, è un bravo bambino. Non è un vandalo distruttore. Ed è già qualcosa. E’ un po’ schizzinoso, ma sempre meglio di uno scavezzacollo che ama il pericolo. In fondo, lo scarrafone è bello anche a papà suo.

Di Fede

Blog di un papà imperfetto