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Pensieri di un papà

Festa del papà 2015, non sono preparato

festa del papà 2015Si avvicina anche quest’anno la Festa del papà. Nel 2015 sono papà da poco più di tre anni, l’età del gnappo. Questo però è il primo anno che festeggerò da bis-papà e un po’ mi fa strano. Se tutte le scoperte e gli entusiasmi degli inizi un po’ si sono affievoliti, la stanchezza per la mancanza di sonno è rimasta, ma ormai ci ho fatto l’abitudine e non mi pesa quasi più.

Anche perché, c’è da ammettere, che il 95% di The Second se lo smazza Anna, tra allattamento h24, cambio di pannolini, cullate varie ecc. Se lo smazza talmente tanto (tenendolo quasi sempre in braccio perché se no piange) che adesso le è pure venuta la sciatica al coccige. Un dolore che spero passi presto perché non ci possiamo permettere di avere lei ko (vedi anche, “Le mamme non si possono ammalare”).

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Pensieri di un papà

Perché ho deciso di sposarmi e sposarmi in chiesa

matrimonio in chiesa fioriIeri abbiamo passato la boa dei quattro anni di matrimonio. Pochi, pochissimi, considerando una vita intera. Ma un po’ di strada insieme l’abbiamo comunque fatta, dal giorno in cui ci siamo incontrati per la prima volta.

Grazie alla domanda di Ilenia, su come mai abbiamo deciso di sposarci e sposarci in chiesa, provo un po’ a mettere insieme le idee. Rispondere e pensarci mi aiuta nel riflettere sul perché di questa scelta. Una scelta sicuramente non presa alla leggera, visto che impegna (almeno si spera) per tutta la vita.

Perché abbiamo deciso di sposarci? Rispondo per la mia parte ovviamente, forse la mia dolce metà avrà altre motivazioni. Mi piacerebbe fare anche a lei la stessa domanda e appena ci vedremo gliela farò.

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Il Bosco di Fede

La castità prima e dopo il parto, l’albero di Maria

Bosco di FedeNon esistono “istruzioni per l’uso” sull’essere genitori. Né su come essere mogli, mariti, compagni, o amanti. Ed è un bene, perché per fortuna non esiste il “genitore perfetto”, né il marito, la moglie o il compagno perfetto.

Sono rimasto impressionato dai tanti messaggi che mi avete mandato, con commenti e anche via mail, dopo il mio post sulla crisi sessuale che una coppia può vivere dopo l’arrivo di un figlio. Così come dopo avervi raccontato la crisi di Anna, che, nonostante l’arrivo del gnappo, in certi momenti si sente “come un barattolo vuoto”.

Ognuno ha la sua storia, le sue gioie, difficoltà, speranze, momenti felici o bui. Raccontarli e condividerli fa bene. Scrivere aiuta a mettere in ordine le idee, a guardare i problemi con un po’ più di lucidità. Questo l’ho provato sulla mia pelle. Ricevere pareri e consigli, magari da chi ha passato momenti simili, può aiutare a superarli. Sapere che anche altri stanno vivendo o hanno vissuto quello che ci sta capitando. Che non siamo soli.

Ho pensato di inaugurare una nuova rubrica. Per condividere le storie di chi vorrà raccontarle. Uno spazio come la Spiaggia di Nina. Il mio vorrebbe un bosco, dove passeggiare insieme, parlare lungo il sentiero, riflettere, raccontarci le gioie e le difficoltà della vita di coppia e della vita da genitori. Ognuno, se vuole, può piantare un albero: storie di vita familiare che spesso si fa fatica a raccontare agli altri. Un po’ per vergogna e un po’ per la paura di essere giudicati o non essere capiti.

Il primo albero lo ha piantato Maria. In un mondo ipersessualizzato come il nostro, forse il vero tabù è parlare di castità matrimoniale. Ecco la sua storia:

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Pensieri di un papà

Le tecniche per non insegnare le parolacce a mio figlio

orcaIo quando parlo dico le parolacce. Non tantissime, ma quando le dico non ci penso neanche più ormai. Mi scappano e basta. Ogni tanto un “figa”, da milanese acquisito e imbruttito, ogni tanto mi scappa. Ma capita di citare anche la controparte maschile spesso e volentieri. Compresi tutti i suoi composti: incazzato, scazzato, cazzarola, eccheccazzo…

Mi ricordo che da bambino, quando mi andavo a confessare dopo aver fatto la prima comunione, i primi due peccati che tiravo fuori erano due: “Ho disobbedito al papà e alla mamma e ho detto delle parolacce”. Le parolacce erano al secondo posto. Adesso il primo si è trasformato in “ho trattato male i miei genitori”, mentre il secondo non lo confesso neanche più.

Insomma, le parolacce scappano, diventano un modo di parlare e a volte anche di scrivere. Chi ci fa più caso ormai, i problemi della vita sono altri… E poi mica lavoro in un asilo di suore. Eddai su, chi non dice le parolacce al giorno d’oggi? Anche in tv sono state sdoganate da un bel po’.

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Pensieri di un papà

E’ giusto baciare sulla bocca i figli?

bacio in bocca bambiniLo ammetto. Uno dei miei antistress preferiti è baciare il gnappo. Appoggiare la labbra alle sue guanciotte morbide è più rilassante che tenere in mano una di quelle palline fatte apposta per scaricare la tensione.

Il problema è che, se lo bacio troppo, lo stress viene a lui. Perché ok un bacio, ma poi, quando scatta la rafficadibaci, lui non sempre gradisce. Ancora non ho capito se è per la mia barba, se è perché sono il papà e non la mamma, o perché i baci sono troppi. Forse tutte e tre.

E’ incredibile quanto sia vasta la superficie baciabile di un nanetto di due anni. A volte me lo consumerei a furia di baci. C’è però una parte di questa superficie su cui mi pongo alcuni dubbia. Va bene baciare un bambino sulla bocca?

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Pensieri di un papà

Incontri al parco tra bolle di sapone

bolle di saponeIeri ero al parchetto col gnappo. Di solito ne giro tre, nei dintorni dell’asilo nido. In uno, dove non ci sono giochi, gli do la seconda merenda (se la mangia), poi lo porto sulle altalene e sugli scivoli. Ieri pioveva del sì e del no. Parchetti semideserti, mentre noi, impavidi, abbiamo affrontato le due gocce che venivano giù da quelle nuvolacce minacciose. A un certo punto, visto che le gocce si facevano sempre più insistenti, ci siamo dovuti riparare sotto una tettoia di fresche frasche, lì nei paraggi. E così abbiamo fatto conoscenza di altri bimbi, con annessi genitori al seguito.

La mamma simpa ma tesa. Era col suo bimbo, un po’ più piccolo del gnappo. Di età, non si stazza ovviamente. Super amichevole, di quelle che parlano sempre coi figli (io quando sono in giro col nano invece cerco di non stordirlo troppo di parole, forse è per quello che non parla ancora?). Ha messo suo figlio seduto per terra e gli ha messo davanti tutti i giochi. Un sacco pieno di macchinine, trattori, camion ecc. Tutti oggetti a quattroruote. Saranno state 20 macchine. Tra i tanti modelli anche una Skoda Octavia tipo quella che trovate su questa pagina. Ovviamente le macchinine non erano piccole, pronte per essere ingoiate, ma adatte all’età del piccolo.

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Io lei e l'altro

Le prime udienze all’asilo

2013-04-25 (2)-1000

Come papà modello ieri ho fatto una cosa che credo ripeterò nel tempo. Mandare Anna ai colloqui con le insegnanti del gnappo. Abbiamo già cominciato. Io pensavo che le udienze ci fossero solo per le elementari, le medie e le superiori. E invece no. Ho scoperto che le fanno anche all’asilo nido. Come dire, meglio controllarli fin da piccoli questi nanetti.

Quando l’ho saputo sono rimasto un po’ colpito: “Cioè, fammi capire, ci sono i singoli colloqui con la maestra, vis à vis, one to one, per parlare del gnappo? Ma non bastano le due parole che ci scambiamo quando lo portiamo o lo andiamo a prendere?”. Evidentemente no. Per puro caso io quel pomeriggio ero al lavoro e così se l’è smazzata la mia dolce metà. Ora, sinceramente anche a me sarebbe piaciuto andare, ma non potendo ho declinato volentieri la convocazione. Un po’ come faceva mio padre con me che, in 13 anni di scuola, non è mai andato a un’udienza coi professori. Non lo faceva apposta. Era in ufficio e mandava mia mamma.

Però ieri sera mi sono fatto raccontare tutto. Per filo e per segno. Ero curioso di sapere come va il gnappetto all’asilo, se fa casino, se mena i compagni, se mette le dita nel naso, se fa il broccolone con qualche amichetta. La sintesi è stata questa: è un bravo bambino, è un pigrone, mangia tutta la pappa.

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Pensieri di un papà

Uomini che odiano le donne

Ci risiamo. Un’altra storia di coppia che scoppia. Mi sento di scriverla per due motivi. Il primo è per una sorta di “effetto catartico” come per chi va a vedere i film drammatici al cinema e spera che non gli capitino mai nella vita. Il secondo è perché scrivendo si elaborano meglio le cose e riflettere un po’ su certi argomenti non fa mai male.

Ho appena sentito al telefono una mia grande amica. Suo fratello Giovanni (37 anni) ha lasciato in tronco ad aprile la moglie (32 anni) e i loro due bimbi, una femmina di quattro e un maschio di due. Sono sposati da sette anni e si conoscono da dieci. Lui non è un mio amico, ma conosco molto bene la sua famiglia (i suoi genitori in particolare). Persone ottime, famiglia eccezionale. Così come eccezionale dev’essere stata la famiglia che Giovanni ha messo in piedi: una moglie intelligente e due figli bellissimi.

E niente, lui ad aprile inizia a sparire nel week end per “impegni lavorativi”. Le cose tra lui e sua moglie già non andavano bene. Poi un fulmine a ciel sereno: lui di punto in bianco lascia la famiglia e va a vivere a casa di una sua collega più vecchia di lui (42 anni) con cui ha una relazione.

Da lì è iniziata una lotta continua con chi gli vuole bene. In primis con la moglie che lui non vuole più vedere. L’ha mandata in vacanza da sola con i figli e quando li va a trovare a casa non vuole che lei stia lì con loro. E poi con i suoi genitori che nel giro di sei mesi sono invecchiati di colpo di 10 anni. Il padre, saputa la cosa, lo ha ovviamente insultato fin che ne sapeva e lo ha disconosciuto e la madre che si chiede tutti i giorni dove ha sbagliato nell’educare quel figlio (ormai 37enne). Nel mezzo c’è la sorella (la mia amica) che mi ha raccontato la storia sconvolta. Insomma, un inferno. Un incubo per tre famiglie intere (la sua e le due di origine).

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FAI che giochiamo?

foto da Flickr tutti i diritti riservati a FAI - Fondo Ambiente Italiano Mi è arrivata una mail dal Fai. No, non dal Fronte Anarchico Informale, ma dal Fondo Ambiente Italiano. Avete presente quella prestigiosa istituzione, presieduta di solito da eleganti signore con almeno due cognomi, che organizza nelle giornate di primavera (e non solo) bellissime iniziative in tutta Italia per la conservazione e la valorizzazione del nostro splendido patrimonio culturale (arte, paesaggio, ambiente ecc.)? Ecco, loro.

Organizzano un progetto che riguarda i più piccoli. “Si chiama “FAI che giochiamo?”” ed è sostanzialmente un ciclo di eventi per bambini e adulti  che permette di vivere avventure in costume in compagnia della propria famiglia, indossando i panni dei personaggi dei vari racconti messi in scena e diventando il protagonista della storia.

“I grandi potranno tornare bambini e giocare insieme ai propri figli che, vestiti da fate, folletti o streghe, si divertiranno negli splendidi parchi dei Beni del FAI”, c’è scritto nella mail. Obiettivo è “sensibilizzare i giovani  verso le ricchezze culturali e ambientali del nostro Paese” come “il primo passo decisivo per diffondere una cultura di rispetto e tutela”.

I prossimi appuntamenti saranno, sempre di domenica, il 16 settembre 2012 a Villa e Collezione Panza (Varese), il 30 settembre a Villa dei Vescovi, Luvigliano di Torreglia (Padova), il 7 ottobre al Castello di Masino, Caravino (Torino), e il 14 ottobre al Monastero di Torba, Gornate Olona (Varese).

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Io lei e l'altro

Post vacanze

Riecchime. Sani e salvi dopo 17 giorni in montagna nella casa dei nonni. E non abbiamo ancora divorziato! Al ritorno in città, come nella migliore delle staffette, ho imbarcato Anna e il gnappo sulla macchina di mio suocero. Andranno a stare una settimana dai suoi. Così io mi godrò la quiete (e il caldo dell’anticiclone Lucifero) tutto solo in una nuova settimana di libertà.

Diciamo che questa vacanza è stata un test. Volevo capire se era fattibile passare 15 giorni coi miei senza scannarci e porre le basi per le vacanze dei prossimi anni. Questo perché: a) in montagna dai miei c’è un clima fantastico b) è gratis c) io conto di appaltare il gnappo (e Anna?) da soli ai miei quando lui sarà un po’ più grande.

Così fin dall’inizio ho cercato di rendere il più possibile la vacanza Anna-friendly, per non farle dire (o pensare) la classica frase: “Dopo quest’anno, mai più!”.

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Pensieri di un papà

Quando la coppia non scoppia

Riprendo a scrivere dopo due giorni di pausa. Non pensavo che il post sulla “coppia-scoppiata” avesse questo effetto. In questi due giorni ci ho pensato molto. Credo che il potere “destabilizzante” di quella storia sia la sua assoluta “normalità”. Pensare che, come è capitato a loro, possa capitare a tutti. E’ la cosa che ha fatto paura anche a me.

Ho riflettuto, anche dopo aver letto tutti i commenti che sono stati uno spunto prezioso. Alcuni spaventati, come me quando ho sentito la storia dalla voce del diretto interessato la sera prima. Altri più rassegnati. Altri ancora fiduciosi.

Credo che ogni coppia abbia le sue dinamiche, che solo chi le vive in prima persona può conoscere. E a volte neanche chi le vive riesce a conoscerle e capirle fino in fondo. Pretendiamo infatti di conoscere la persona con cui viviamo, ma, a volte, facciamo fatica anche a conoscere noi stessi. Bisogna avere fiducia nell’altro e affidarsi a lui/lei, così come bisogna avere fiducia in noi e affidarci a noi stessi.

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Pensieri di un papà

Io e mia mamma

In questo mega ponte 25-aprile-week end-primo maggio l’allegra famigliola, composta da Anna + il gnappo, è andata a casa dei nonni materni. Io a causa di impegni vari per portare a casa la pagnotta ne approfitto per godermi un po’ di pace e per andare a trovare i miei.

Ultimamente non sto mai da solo con loro visto che quando ci vediamo c’è sempre il gnappo o altra gente e restare solo noi 3 (mia sorella è in giro per il mondo) mi fa tornare come ai tempi del liceo. La mia camera è più o meno sempre uguale, a parte il fatto che è diventata un simil magazzino-ufficio di mio papà. Ci sono però sempre un sacco di ricordi, di libri che mi piace riprendere in mano le sempre più rare volte in cui torno dai miei.

Ok, dopo questa visione idilliaca del “ma come è bello tornare adolescenti”, eccoci al dunque. Benedico Dio il giorno in cui ho deciso di studiare in un’altra città, di andare via da casa, di farmi la mia vita per i fatti miei. Anche se voglio ai miei genitori un bene dell’anima, più passa il tempo e più sono insofferente. Mia mamma (la tipica mamma ansiosa “dove vai-cosa fai-con chi vai-se vai, vai piano-dove sei andato? ecc. ecc.” mi dà sui nervi.