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Il Bosco di Fede

Abbattere il muro della leucemia, l’albero di Massimo

Bosco di FedeC’è un nuovo albero nel Bosco di Fede. Lo ha piantato Massimo, un papà che insieme a sua moglie sta affrontando una delle prove più difficili della vita, di quelle da togliere il fiato.

Non serve aggiungere altro alle sue parole. La vita, a volte, ci mette davanti a muri che sembrano insormontabili e senza senso. Ma la luce in fondo al tunnel prima o poi arriva. Il buio non può avere l’ultima parola. Fatti come questi ci mettono davanti al mistero della vita e al suo senso. E ci fanno guardare il mondo da un’altra prospettiva. Almeno parlo per me.

Grazie Massimo per il tuo albero. Ti siamo vicini e tifiamo tutti per il tuo The Second. Ricambio l’abbraccio, forte.

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Pensieri di un papà

La studiata inutile prima dell’esame

esami libri studiataA distanza di quasi tre anni il countdown è ripartito. Meno sette… sei… cinque… quattro… tre… due… uno… Ma dopo l’uno non c’è lo zero. Finito il conto alla rovescia ci sarà lui, The Second, che molto probabilmente, come è successo per il gnappo, gli sarà dato il nome quando l’ostetrica mi verrà a chiedere come si chiama per fargli il codice fiscale. Funziona anche così, di questi tempi.

Ma il nome prima o poi ci sarà e, insieme al nome, ci sarà lui. Quando ci penso ancora non mi sembra vero. E quando mi fermo a pensarci bene, mi sale anche un po’ di emozione. Chi sarà? Come sarà? Perché sarà? (L’ultima domanda gliela lascio volentieri per l’adolescenza, le altre due le tengo invece per me, da qui alla sua uscita da quel fantastico liquido amniotico.

Mi sento un po’ come all’università. Quando devi fare un esame. Tu un po’ hai studiato, ma sei sempre indietro. Vorresti studiare di più, trovare più tempo per aprire quei dannati libri, ma per un motivo o per l’altro non ce la fai. Poi il giorno dell’esame si avvicina. Tu un po’ sei preparato, ma non come vorresti. Magari ti accontenti di un 18, di un 20 anche. Ma cavolo, per una volta non sarebbe male arrivare al 28.

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Pensieri di un papà

Caro diario

diarioEravamo a un tavolino di un bar, a Verona, non lontano dalla casa di Giulietta, all’ora dell’aperitivo. Io avevo appena assaggiato il mio spritz e lei un analcolico alla frutta secco, quando ho scoperto che sapeva del mio blog da un paio d’anni. E in questi due anni non mi ha detto nulla. Niente. Neanche fatto intuire che lei sapesse qualcosa (o forse me l’ha fatto anche intuire, ma io in questo sono poco intuitivo).

Ci siamo guardati negli occhi. Io ero impietrito. Lei piuttosto sull’incazzato andante. Non sapevo cosa dirle. Le prima parola è stata monosillaba: “Ah…”. “Eh…”, mi ha risposto lei con uno sguardo di quelli che mi portano ad abbassare gli occhi, anche se, un po’ per orgoglio e un po’ per cercare aiuto nei suoi, cerco di resistere.

“Come sei ingenuo” è stata la frase che più mi è rimasta impressa. Ingenuo. Che è un modo elegante per non dire coglione. Come ho fatto a pensare di rimanere nell’ombra soltanto non mettendo foto mie, sue e del viso del gnappo… Non lo so. Ma all’inizio forse era più facile. Poi, pian piano, in tre anni di blog avrei dovuto immaginarmelo e uscire allo scoperto prima. E invece niente. Ho aspettato di essere con le spalle al muro e di trovarmi davanti a una scelta importante (quella del casting) per sputare il rospo. Tardi, troppo tardi.

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Tagliamoci le vene

Le cose più importanti della vita

into the wildSto scoprendo che le cose più importanti della vita non sono cose. Che i soldi possono aiutare, ma non fanno la felicità. E che anche se mi regalassero tutto l’oro del mondo, o anche il mondo intero, non lo cambierei mai con la vita che mi è stata regalata.

Mi rendo conto che ci sono cose che non si possono comprare: l’amore, la vita, la libertà, la salute, la felicità nostra e quella degli altri. E non possiamo fare granché per meritarcele. Possiamo solo accettarle come un regalo. Sono un dono più grande di noi, che non possiamo nemmeno esigere. Ci arriva gratis e senza poter fare granché per meritarcelo. Tutte le cose più importanti della vita sono gratis.

Sto cercando di impegnarmi a non giudicare, anche se non è facile riuscire a farlo. In fondo siamo tutti minuscoli atomi, tutti parte in un universo infinito. E il bello è che tutto l’universo è racchiuso dentro il nostro atomo. Sto provando anche a condividere le emozioni degli altri: essere felice per la loro gioia e triste per il loro dolore. Tornare poi a guardare la mia vita e constatare che la gioia è più grande di qualsiasi fatica.

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Il Bosco di Fede

La castità prima e dopo il parto, l’albero di Maria

Bosco di FedeNon esistono “istruzioni per l’uso” sull’essere genitori. Né su come essere mogli, mariti, compagni, o amanti. Ed è un bene, perché per fortuna non esiste il “genitore perfetto”, né il marito, la moglie o il compagno perfetto.

Sono rimasto impressionato dai tanti messaggi che mi avete mandato, con commenti e anche via mail, dopo il mio post sulla crisi sessuale che una coppia può vivere dopo l’arrivo di un figlio. Così come dopo avervi raccontato la crisi di Anna, che, nonostante l’arrivo del gnappo, in certi momenti si sente “come un barattolo vuoto”.

Ognuno ha la sua storia, le sue gioie, difficoltà, speranze, momenti felici o bui. Raccontarli e condividerli fa bene. Scrivere aiuta a mettere in ordine le idee, a guardare i problemi con un po’ più di lucidità. Questo l’ho provato sulla mia pelle. Ricevere pareri e consigli, magari da chi ha passato momenti simili, può aiutare a superarli. Sapere che anche altri stanno vivendo o hanno vissuto quello che ci sta capitando. Che non siamo soli.

Ho pensato di inaugurare una nuova rubrica. Per condividere le storie di chi vorrà raccontarle. Uno spazio come la Spiaggia di Nina. Il mio vorrebbe un bosco, dove passeggiare insieme, parlare lungo il sentiero, riflettere, raccontarci le gioie e le difficoltà della vita di coppia e della vita da genitori. Ognuno, se vuole, può piantare un albero: storie di vita familiare che spesso si fa fatica a raccontare agli altri. Un po’ per vergogna e un po’ per la paura di essere giudicati o non essere capiti.

Il primo albero lo ha piantato Maria. In un mondo ipersessualizzato come il nostro, forse il vero tabù è parlare di castità matrimoniale. Ecco la sua storia:

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Tagliamoci le vene

R-esistenza

FragoleSono giorni strani questi. Belli, ma strani. Quei giorni in cui provi tante emozioni, tutte diverse. Alcune piacevoli e altre meno. Maggio è sempre stato il mio mese preferito. Le giornate si allungano, la primavera è arrivata da un po’. Sui banchi del supermercato si trovano già le prime pesche. Ma ci sono ancora le fragole, segno che l’inverno è ormai alle spalle.

Si sta sospesi, tra la stanchezza di ogni giorno, il lavoro, lo studio, la mancanza atavica di sonno. Giorni intensi, a volte sulle montagne russe. Gioia, risate, lacrime, entusiasmo, fatica, serenità, paure, tristezza, dubbi, certezze. Mettetele tutte insieme e frullate. Diluitele in 24 ore e agitate, non mescolate.

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Tagliamoci le vene

Che cos’è la felicità?

che cos'è la felicità pillola rossaHo fatto una chiacchierata con mia sorella, mentre l’accompagnavo in macchina all’aeroporto. Della vita, delle scelte, del rapporto tra noi e i nostri genitori. Mia mamma avrebbe voluto che fossimo stati più vicini a lei e nella stessa città. Posso anche capirla. Ma le scelte sono nostre, non di altri, fossero anche i nostri genitori. E ognuno è giusto che si faccia le sue di scelte.

Probabilmente se l’avessi ascoltata e avessi fatto tutto quello che voleva lei (università vicino a casa, lavoro vicino a casa, vita in casa in “bamboccione style” fino agli -anta) adesso sarei un alcolizzato. Lo penso davvero. Ma per fortuna ho avuto la forza, ma anche la fortuna, di essermi fatto la mia vita, le mie esperienze, anche i miei sbagli. E lo stesso ha fatto e sta facendo mia sorella. E di questo sono felice.

Altri amici hanno fatto scelte diverse. Dopo un periodo lanciati alla ricerca della carriera hanno deciso di tornare a casa, vicino ai genitori, mettendosi a fare figli come conigli, spesso in modalità “famiglia felice”. Ma saranno davvero felici? Dov’è il confine tra la vera felicità e l’illusione o l’autoconvinzione di essere felici?

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Tagliamoci le vene

Caro gnappo ti scrivo

caro figlio ti scrivoCaro gnappo,

          oggi tu compi due anni. Devi sapere che il tempo è relativo. Ad alcuni due anni possono sembrare tanti, ad altri invece pochi. A me il tempo sembra sempre fuggire via troppo in fretta. Non fai “in tempo” (appunto) a goderti un momento, che quello è già passato. Ma è giusto così, altrimenti sai che palle?! Lo scopo del gioco è vivere ogni attimo. Fosse facile.

Due anni. Come dice la mamma è “una bella età”. Lei lo dice perché tu adesso non hai pensieri, sei sempre gioioso e contento. Ridi sempre. Chi ti vede ogni tanto ti chiama il “bambino più felice del mondo”. E in effetti lo sei. Emani felicità. Una felicità contagiosa. Ed essere vicino a te, giocare con te, fare tante cose con te è bellissimo.

Due anni sono sicuramente una bella età. La mamma ha ragione. Ma io ci vedo anche delle piccole responsabilità, che purtroppo o per fortuna, che tu lo voglia o no, ti accompagneranno per tutta la vita. Ogni giorno ci sono nuove cose da imparare, a casa e all’asilo. Ecco, ad esempio andare all’asilo è già una bella responsabilità per te. E quando ci entri tutto felice, magari mano nella mano a qualche tuo amico, è davvero una grande soddisfazione per noi. Ok, ogni tanto piangi perché non vuoi entrare, ma è normale. A tutti capita di avere le balle girate, non ti preoccupare.

Quando ti vengo a prendere ogni tanto (più spesso lo fa la mamma) e ti vedo corrermi incontro felice, mi si apre il cuore. Come quando mi abbracci le ginocchia, magari facendoti un po’ male, perché di corsa ci sbatti contro la testa. Ogni giorno con te è un fantastico giorno. Anche quando fai i capricci perché è la tua giornata no?? Ma sì dai. La pazienza ogni tanto ci scappa, tu ti fai il tuo pianto (com’è difficile far scendere quelle lacrime, sei uno orgoglioso oltre che permaloso!), ma dopo poco torna il sereno. Non sono questi i problemi della vita. In questo ha ragione la mamma: “Due anni sono proprio una bella età”.

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Tagliamoci le vene

Pensieri estivi, quando la famiglia è in vacanza

la vita è bellaImbarcati. Suocero, suocera, Anna, gnappo. Tutti al mare. Per una decina di giorni. E io, solo soletto, a godermi il caldo nella città che si sta svuotando. Tristezza? Anche no. Perché le due settimane da “senza famiglia”, mi riportano indietro nel tempo. Sono un inguaribile nostalgico a volte. Rivivo le sensazioni di quando ero single, bastavo a me stesso ed attraversavo la fase forse più nichilista e creativa della mia vita. Sì, la solitudine può essere creativa, addirittura poetica. Che poi, dopo un po’, ti rompi anche le scatole se tutta sta poesia non la condividi con qualcuno, ma presa a piccole dosi riscopri quella parte di te che, nel casino di tutti i giorni, rischi di dimenticare.

Il bello di stare da soli è che puoi fare quello che vuoi. Il brutto è che, tutto quello che fai, non lo condividi con nessuno. E, come diceva il protagonista di Into the Wild, “la felicità è reale solo quando è condivisa”. Ma in questi momenti c’è anche Jovanotti che dice la sua: “Io lo so che non sono solo anche quando sono solo”. Quindi l’importante è stare bene sempre, sia in compagnia di altri che in compagnia di se stessi. E durante l’anno, i momenti per starsene un po’ da soli non sono tanti. Così prendo la palla al balzo per rituffarmi un po’ nei miei pensieri.

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Pensieri di un papà

I love Milano

Duomo di MilanoMilano o la ami o la odi. E’ una città bellissima, piena di vita, di gente, di cultura e di culture. Come tutte le grandi città ha i suoi pro e i suoi contro. Difficile capirla per uno che non ci abita. Anche per chi, come me al primo anno di università, fa il pendolare. Sei sempre di corsa, per prendere la metropolitana o il treno. Attese, fermate dell’autobus. Scioperi. Una vita sempre in anticipo o in ritardo. A 22 anni ho deciso che sarebbe stata la mia città. Io, sbarbatello di provincia, ero affascinato da tutto quanto la metropoli avesse da offrire: di giorno e di notte.

Dai 20 ai 30 Milano è un paradiso. Se poi hai un lavoro che ti fa guadagnare due soldini da spenderti come vuoi, senza dover chiedere conto a nessuno, è il massimo. Aperitivi, cene, grandi eventi, tendenze, gnocca, università, business, modelle in libertà durante la settimana della moda. Incontri persone che, in una piccola città, difficilmente avresti mai potuto incontrare. gente che viene da tutta Italia e non solo. Poi dai 30 ai 40 le cose cambiano. Prima o poi metti la testa a posto, metti su famiglia, le ore piccole le fai solo quando tuo figlio ha le coliche, non più in coda per riuscire ad entrare al Plastic. A parco Sempione ci vai con tuo figlio per portarlo sulle giostre, non per prendere il fumo.

Così molti lasciano. Se hanno la fidanzata lontana, lo fanno per forza di cose. Com’è successo al mio coinquilino che si è sposato da poco in Puglia, che ha deciso di tornare per amore. Oppure come l’altro mio coinquilino che è tornato in Veneto perché la sua fidanzata era rimasta incinta. Insomma, quello che dovevi prendere da Milano ormai l’hai preso, più o meno facendo tutte le “101 cose da fare a Milano almeno una volta nella vita”.

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Pensieri di un papà

Immaturi

immaturiAvevo visto “Immaturi” per la prima volta in un cinema all’aperto, d’estate, con Anna incinta. L’ho rivisto ieri sera e ho apprezzato in particolare un dialogo, quello di Raul Bova con il bambino che gli parla dei neonati: “Non ti fare ingannare – gli dice il piccolo – i bambini non sono così come sembrano, mangiano pisciano e cagano”. “E poi piangono sempre, tutte le notti, di solito un attimo dopo che ti sei addormentato, perché loro lo sanno quando ti addormenti”. Ma quante ne sa questo primogenito che non vuole il fratellino? E’ la scienza infusa, la verità allo stato brado. “Ero viziato e coccolato e ora non mi caga più nessuno, perché dovrei essere contento?!”. Alla faccia delle idee chiare!! Mitico. A volte potrei dire la stessa cosa anch’io.

Poi, mi metto a lavorare e sbircio su Facebook. Paolo, un mio caro amico scrive verso mezzanotte: “…e la paura di vivere”. Ahia. Così metto “mi piace”. Lui mi chiama subito. Stiamo al telefono un’ora. Domani ha un rogito per andare a vivere con la sua storica fidanzata. Sono insieme da 15 anni, ma ognuno a casa sua, si vedono tutti i giorni e si telefonano decine di volte. Paolo va da lei quasi ogni sera, magari si addormenta un po’ là, poi verso l’1 lui si sveglia e torna a dormire a casa sua, dove abita con sua mamma. Ha 33 anni. “Ma come fai a fare sta vita?”, gli ho chiesto. “Ma come fai tu a farla?”, mi ha risposto, per poi chiedermi qualche consiglio sulla vita a due. Era stupito del fatto che io fossi andato a vivere da solo e poi con Anna, nella massima tranquillità. Senza paranoie.

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Pensieri di un papà

Quando la coppia non scoppia

Riprendo a scrivere dopo due giorni di pausa. Non pensavo che il post sulla “coppia-scoppiata” avesse questo effetto. In questi due giorni ci ho pensato molto. Credo che il potere “destabilizzante” di quella storia sia la sua assoluta “normalità”. Pensare che, come è capitato a loro, possa capitare a tutti. E’ la cosa che ha fatto paura anche a me.

Ho riflettuto, anche dopo aver letto tutti i commenti che sono stati uno spunto prezioso. Alcuni spaventati, come me quando ho sentito la storia dalla voce del diretto interessato la sera prima. Altri più rassegnati. Altri ancora fiduciosi.

Credo che ogni coppia abbia le sue dinamiche, che solo chi le vive in prima persona può conoscere. E a volte neanche chi le vive riesce a conoscerle e capirle fino in fondo. Pretendiamo infatti di conoscere la persona con cui viviamo, ma, a volte, facciamo fatica anche a conoscere noi stessi. Bisogna avere fiducia nell’altro e affidarsi a lui/lei, così come bisogna avere fiducia in noi e affidarci a noi stessi.